Una sentenza del Tribunale di Firenze chiarisce cosa comporta il rilevamento di droga nelle urine in caso di sinistro stradale

La presenza di droga nelle urine è un fattore sufficiente a dimostrare – in caso di sinistro stradale – il rapporto di causa-effetto tra le due circostanze?
Secondo la sentenza n. 1446 del 3 aprile 2017 emessa dal Tribunale di Firenze no, in quanto la presenza di droga nelle urine non è un fattore sufficiente a dimostrare che il guidatore si trovava in uno stato di alterazione psico-fisica, potendo questa persistere anche fino a quattro giorni dopo l’assunzione.
Nel caso di specie preso in esame dal Tribunale, un soggetto era stato sottoposto a procedimento penale per “omicidio colposo” (art. 589 c.p.), commesso a danno di una passeggera che trasportava a bordo della propria vettura.
L’imputato aveva perso il controllo della propria automobile andando a sbattere contro il guard rail di una piazzola di sosta. Per questo gli era stata anche contestata l’aggravante di aver commesso il fatto con violazione delle norme sulla circolazione stradale (artt. 140 e 141 del Codice della Strada), poiché non si sarebbe comportato in modo tale da non costituire un pericolo per la circolazione.
A costituirsi parte civile nel procedimento penale sono stati i genitori e i nonni della vittima, chiedendo che l’imputato fosse condannato al risarcimento del danno.
Il Tribunale di Firenze, tuttavia, nel decidere sulla questione, ha ritenuto che, alla luce degli accertamenti effettuati, le prove raccolte non potevano essere considerate sufficienti per affermare la penale responsabilità dell’imputato.
Il Tribunale ha infatti osservato che, per affermare la responsabilità penale di un soggetto, è necessario verificare non solo che l’imputato abbia posto in essere una condotta senza la quale l’evento dannoso non si sarebbe verificato ma è necessario, altresì, accertare che l’evento dannoso non sia stato dovuto al concorso di altri “fattori eccezionali sopravvenuti da soli capaci di causare l’evento”. Soltanto in questa circostanza è possibile configurare la condotta dell’imputato in quanto comportamento con rilevanza penale.
In questo caso, lo sbandamento dell’auto era certamente da ricondursi a una distrazione del guidatore. Distrazione che, presumibilmente, aveva avuto breve durata, data la vicinanza del guard rail alla carreggiata (circa un metro) e la striscia di soli due metri rinvenuta sul guard rail obliquo.
Tuttavia, ai giudici è parso credibile che l’auto procedesse a una velocità non sostenuta e, contestualmente, le condizioni psico-fisiche dell’imputato sono state giudicate “compatibili con la guida e non alterate”.
Dunque, nonostante dagli esami effettuati fosse stata accertata droga nelle urine, tale circostanza non dimostrava che l’uomo, al momento del sinistro, si trovasse in uno “stato di alterazione psicofisica penalmente rilevante”, giacchè la presenza di tracce di droga nelle urine poteva essere dovuta sia ad un’assunzione avvenuta nelle ore immediatamente precedenti al controllo, sia ad un consumo avvenuto molto prima.
Questo in quanto la droga nelle urine può persistere, sebbene in scarsa quantità, anche fino a 4 giorni dopo la sua assunzione. Avendo quindi il Tribunale ritenuto che l’assunzione di droga fosse avvenuta nei giorni antecedenti all’incidente, l’imputato non si trovava “più in uno stato di alterazione psicofisica derivato dall’assunzione della sostanza”.
Per quanto riguarda, invece, “il guard-rail parallelo all’asse stradale”, il Tribunale ha precisato che il medesimo aveva “perso solo i primi due montanti“, che erano “malamente agganciati al cemento”, mentre era rimasto “integro per la restante parte (…) senza segni di ammaccature o di accartocciamento”.
Tutti elementi che, secondo i giudici, portavano ad “escludere una velocità eccessiva e un impatto “violentissimo” come contestato dalla Procura”.
Dunque, alla luce di tali considerazioni, i giudici hanno ritenuto di escludere che la morte della vittima fosse imputabile all’uomo, in quanto doveva considerarsi come “causa sopravvenuta da sola sufficiente a causare l’evento l’imprevedibile ed eccezionale malfunzionamento dei due guard-rail coinvolti”.
Pertanto, il Tribunale ha assolto l’imputato dal reato di omicidio colposo, rinviando gli atti del procedimento alla Procura, in modo che potesse essere valutata l’eventuale responsabilità dei soggetti incaricati dell’installazione e manutenzione dei guard rail (malamente agganciati al terreno) coinvolti nel sinistro.
Il Tribunale ha infine escluso la responsabilità civile dell’imputato, rigettando la domanda risarcitoria avanzata dai genitori e dai nonni della vittima.
 
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