La morte del paziente è stata conseguenza dell’imperita prestazione dei sanitari, che in occasione dell’intervento di rimozione di PM omettevano di rimuovere l’elettrocatetere contaminato, circostanza che avrebbe consentito con elevato grado di probabilità di eliminare l’infezione e aumentare notevolmente le aspettative di vita (Tribunale di Ancona, Sentenza n. 1195/2021 del 05/10/2021 RG n. 3202/2019-Repert. n. 3245/2021 del 05/10/2021)

Gli attori citano a giudizio l’Asur Marche chiedendo che il Tribunale adito condannasse parte convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali dagli stessi subiti a causa del decesso del congiunto. A fondamento della loro domanda espongono: che il loro congiunto, in data 4.6.2012, veniva ricoverato per sottoporsi ad intervento di sostituzione del pacemaker; che, tuttavia, in data 8.6.2012, il personale sanitario, constatata la presenza di un sanguinamento da ematoma di tasca sotto-cutanea per sostituzione del pacemaker, disponeva un tubo di drenaggio e la somministrazione di farmaci; che, ciononostante, in data 11.7.2012 veniva accertata un’infezione da stafilococco emolitico che costringeva il personale sanitario a sostituire il pacemaker – con intervento del 14.7.2012 – e a somministrare al paziente una terapia antibiotica; che, nel corso del ricovero, veniva riscontrata insufficienza valvolare e versamento pericardico; che, ciononostante, veniva dimesso il 28.7.2012 ma veniva di nuovo urgentemente ricoverato il 30.7.2012 per iperpiressia e, a seguito di successivi esami, effettuati nel corso del mese di agosto, veniva riscontrato un versamento pericardico e pleurico nonché colecistite acuta con essudazione di liquido pericolecistico e la positività allo pseudomonas aeruginosa e stenotrophomonas maltophilia; che in data 30.8.2012 veniva ricoverato nel reparto di rianimazione per essere sottoposto a colecistectomia e, il giorno seguente, veniva ricoverato nel reparto di terapia intensiva ma decedeva; che il decesso era imputabile alla condotta complessiva del personale sanitario; che, infatti, il personale sanitario, in dispregio delle linee guida e comunque colpevolmente: a) ometteva di seguire la profilassi antibiotica prima dell’intervento di impianto del pacemaker del 4.6.2012; b) ometteva di rimuovere l’elettrocatetere dopo l’intervento del 14.7.2012, componente del vecchio pacemaker contaminato dallo stafilococco, con ciò esponendo il paziente a gravi problemi setticemici; c) ometteva di trasferire tempestivamente il paziente presso un centro specializzato; che tali omissioni cagionavano l’infezione, poi rivelatasi fatale; che di tale condotta era responsabile la struttura sanitaria; che il danno biologico era così determinabile: a) iure hereditatis, in complessivi euro 304.787,00 di cui 104.787,00 per danno biologico ed euro 200.000,00 per danno catastrofale; b) iure proprio, tenuto conto di tutte le circostanze concrete – ivi comprese la convivenza degli attori con il defunto nonché il vincolo parentale, familiare ed affettivo con lo stesso – in euro 84.075,00 per ciascun attore.

La domanda proposta da una parte degli attori (familiari conviventi), secondo il Tribunale, non è sufficientemente istruita e viene rimessa sul ruolo.

Quanto alla domanda proposta dai rimanenti congiunti (nipoti e affini), la stessa è parzialmente fondata.

In merito alla responsabilità dei sanitari che hanno assistito il paziente il Giudice pone in rilievo la CTU disposta nell’ambito del giudizio R.G. 4678 del 2013 definito con sentenza passato in giudicato n. 1269/17.

In tale giudizio è stato accertato che la morte del paziente è stata conseguenza dell’imperita prestazione dei sanitari, che in occasione dell’intervento di rimozione di PM omettevano di rimuovere i cateteri intracardiaci, circostanza che avrebbe consentito con elevato grado di probabilità di eliminare la fonte di infezione, poi causa del decesso, e quindi aumentare notevolmente le aspettative di vita.

L’istruttoria orale ha consentito di apprezzare lo stretto legame esistente tra il deceduto e i nipoti, nonché il solido legame affettivo con nuora e genero.

Gli stessi, oltre a risiedere in abitazioni contigue, godevano di frequentazioni giornaliere e il de cujus si occupava in maniera assidua dei suoi nipoti, nei giochi, nelle attività scolastiche e nelle attività sportive svolte.

Egualmente, anche lo stretto legame e la assidua frequentazione con nuora e genero è stata confermata dalle prove testimoniali.

Al riguardo il Tribunale, condividendo il granitico orientamento di legittimità, osserva che “gli appartenenti al nucleo parentale diversi dal coniuge e dai figli, in particolare i nonni, i nipoti, i generi e le nuore, hanno diritto di ottenere ristoro per la perdita del proprio congiunto anche se con questo non conviventi, purché dimostrino la ” effettività e la consistenza della relazione parentale “.

Venendo alla liquidazione del danno da perdita parentale, tenuto conto dei parametri espressi dalle Tabelle milanesi, viene stimato per ogni nipote l’importo di euro 10.000,00, mentre agli affini la somma di euro 7.500,00 cadauno.

Nonostante l’accoglimento della domanda, il forte divario tra il danno richiesto dagli attori e quanto effettivamente riconosciuto e liquidato, le spese di lite vengono integralmente compensate tra le parti.

Conclusivamente, il Tribunale di Ancona, dispone la separazione della causa da quella proposta dai residui congiunti nei confronti di ASUR Marche; condanna ASUR Marche a corrispondere agli affini del de cujus la somma per ciascuno di euro 7.500,00 nonché ai nipoti la somma per ciascuno di euro 10.000,00 oltre interessi legali.

Avv. Emanuela Foligno

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