Una recente ordinanza della Cassazione fa il punto in merito alla errata segnalazione in Centrale Rischi nei confronti dell’avvocato e alla possibilità di risarcimento

Con l’ordinanza n. 19137/2018, la Corte di Cassazione ha fatto il punto in merito alla possibilità di risarcimento per l’avvocato che abbia subito l’ errata segnalazione in centrale rischi.

La vicenda

Nel caso di specie, la Corte si è occupata del caso di un avvocato e della sua errata segnalazione in centrale rischi per due anni.

Il ricorrente era venuto a conoscenza dell’apertura a suo carico di una procedura di recupero credito relativa ad un finanziamento da lui mai effettuato. Pertanto, per questa procedura, il suo nominativo era stato inserito nella centrale rischi.

A quel punto aveva rappresentato la sua estraneità alla vicenda all’istituto di credito ed alla banca.

Dal canto suo, l’istituto di credito lo aveva riscontrato positivamente con una nota scritta. Questo scambio era stato poi comunicato alla centrale rischi . A quest’ultimo il ricorrente aveva intimato di cancellare tempestivamente il suo nominativo.

In seguito, lo stesso aveva provato a richiedere un finanziamento ad una finanziaria e la richiesta gli era stata rifiutata.

Ciò in quanto,in fase di istruzione della pratica, era emersa una valutazione negativa del soggetto finanziabile dovuta all’inserimento nella centrale rischi.

A questo punto, con ricorso ex art 700 c.p.c., il ricorrente ha richiesto al Giudice del Tribunale di Catanzaro di ordinare l’immediata cancellazione del suo nome dalla centrale rischi.

Fatto questo, aveva ottenuto il richiesto provvedimento a carico della banca e dell’istituto di credito, con la relativa condanna alle spese.

Mediante poi la notifica del provvedimento cautelare, la banca aveva comunicato al ricorrente di aver provveduto alla cancellazione in seguito alla errata segnalazione in centrale rischi.

Dopodiché, era stato instaurato il giudizio per il risarcimento dei danni proprio nei confronti della banca.

Nel costituirsi la banca ha però asserito di essersi attivata per favorire la cancellazione dalla centrale rischi. Non è tutto.

In origine, la banca aveva anche provveduto alla segnalazione perché, presso un esercizio commerciale convenzionato, era stata avanzata una richiesta di finanziamento da un soggetto che aveva fornito documenti e generalità solo successivamente rivelatesi false ed appartenenti invece al ricorrente.

A tale soggetto, era stato dunque concesso un finanziamento, ma le rate non erano state poi saldate. Pertanto, la banca, sosteneva di essersi comportata correttamente nel segnalare il nominativo alla centrale e che alcun addebito poteva esserle mosso.

Il giudizio di primo grado si è pertanto concluso con una sentenza di condanna al risarcimento dei danni nei confronti della banca.

Sentenza poi ribaltata che però veniva ribaltata in secondo grado, dalla Corte di appello di Catanzaro.

Il ricorrente ha quindi presentato un ricorso fondandolo su tre motivi; la banca, dal canto suo, ha depositato un contro ricorso basato su un solo motivo.

La Cassazione si è pronunciata in primo luogo sulla presunta “violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2050, 2059, 2697 e 2729 c.c. e 15 D.Lgs. n. 196/2003”.

Sul punto, il ricorrente aveva affermato che la condotta della banca era da considerarsi profondamente negligente. Ciò in quanto non aveva adottato tutte le dovute cautele e non aveva provveduto alle adeguate verifiche nella segnalazione del nominativo alla centrale rischi. Non solo.

La condotta della banca era da biasimare per non aver poi provveduto tempestivamente a curare la cancellazione del nominativo che era rimasto presente nella centrale per ben due anni.

Questa condotta, già dannosa in sé, doveva essere valutata anche come ulteriore fonte di danno caratterizzato dal non aver potuto, quando ne aveva davvero fatto richiesta, accedere ad un finanziamento.

Nel merito, il ricorrente ha ritenuto che la Corte d’Appello si fosse pronunciata erroneamente.

Ciò in quanto, pur avendo ritenuto esistenti gli elementi caratterizzanti l’illecito, aveva preferito incentrarsi su una presunta carenza di riscontri probatori forniti dal ricorrente stesso in ottemperanza al disposto di cui all’articolo 2043 c.c.

L’avvocato, invece, sosteneva che il danno subito per la errata segnalazione in centrale rischi era da considerarsi in re ipsa e dimostrabile mediante presunzioni. Queste ultime, in particolare, consistenti nella sola allegazione degli elementi idonei alla qualificazione.

In sostanza il ricorrente aveva asserito di aver assolto il proprio onere probatorio. Egli inoltre aveva sostenuto di aver subito un danno all’immagine professionale e personale.

Questa seconda allegazione si fondava, per il legale, sulla Carta dei principi fondamentali dell’Avvocato Europeo del 25 novembre 2006 unitamente alla lettura della disciplina presente nel codice deontologico.

Questa disciplina sostiene che l’Avvocato ha il dovere di comportarsi in modo tale da non compromettere la fiducia che i terzi devono avere nella sua capacità di adempiere i doveri professionali. Per il ricorrente, dunque, alla luce di queste argomentazioni, il danno subito sarebbe da considerarsi tutt’altro che futile.

Nel secondo motivo, il ricorrente lamentava la falsa applicazione dell’art. 1226 c.c..

Ciò in quanto dopo che era stata accertata una condotta dannosa ex art. 2059 c.c., era possibile quantificare il danno in via equitativa.

Alla luce di quanto enunciato, gli Ermellini hanno deciso di pronunciarsi su questi due primi motivi congiuntamente, rigettandoli e confermando, sul punto, un orientamento ormai consolidato.

In base a quest’ultimo, il danno non patrimoniale, non può mai ritenersi in re ipsa. Esso necessita sempre di una allegazione probatoria adeguata da parte di chi lo invochi.

Secondo la Corte, dunque, è necessario fornire prove dirette affinché si possa riconoscere un pregiudizio risarcibile. Nel caso di specie, invece, si erano sostanziati solo in elementi indiziari, generici e non convergenti.

Pertanto, la Corte ha confermato che i danni non patrimoniali, devono essere debitamente allegati e provati da chi li invoca.

 

Hai avuto un problema simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o scrivi un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

Leggi anche:

FALSA NOTIZIA SU RELAZIONE EXTRACONIUGALE, AVVOCATO RISARCITO

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui