L’operaio, esposto a polveri di amianto sul luogo di lavoro dal 1970 al 1992, è morto per un tumore ai polmoni nel 2008

L’Inail è stata condannata a risarcire la vedova di un operaio del reatino morto per un tumore ai polmoni nel 2008. L’uomo, dipendente di un’azienda del nucleo industriale per la produzione di forni e frigoriferi, era stato esposto a polveri di amianto per 22 anni, dal 1970 al 1992.

Il Tribunale di Rieti ha disposto, a favore della moglie, la liquidazione dei ratei arretrati relativi alla rendita dovuta al superstite, a partire dall’anno della scomparsa. Il tutto con l’aggiunta degli interessi.

Il Giudice ha ritenuto ampiamente provato che il lavoratore avesse operato al controllo di qualità dei prodotti. Il tutto per almeno cinque giorni alla settimana, con turni di otto ore. In tale contesto l’uomo aveva respirato polveri di amianto presente nella coibentazione di viti, bulloni, guarnizioni e pannelli.

Decisive in tal senso le dichiarazioni dei colleghi di lavoro della vittima. Secondo le testimonianze riportata dal Messaggero, le polveri presenti nell’ambiente, derivanti dal taglio dei fogli di amianto bianco. sarebbero state convogliate in punto attraverso pistole ad aria. In seguito venivano raccolte con la scopa. E ancora, secondo i lavoratori dell’azienda, nella costruzione dei forni doveva essere messo il rivestimento di amianto sui fianchi. Operazione che produceva polvere.

La consulenza medico legale disposta dal giudice ha poi confermato il nesso causale tra la morte e l’ademocarcinoma polmonare insorto a causa dell’esposizione a fibre di amianto.

Il Giudice ha invece ritenuto di respingere la richiesta di prescrizione invocata dall’Istituto per la tardiva presentazione della domanda risarcitoria, oltre il termine di tre anni. La prescrizione decorre dal momento in cui l’avente diritto viene a conoscenza del fatto che la malattia sia stata causa o concausa della morte dell’assicurato.

L’Inail, tuttavia, non avrebbe dimostrato che all’epoca dell’insorgere della patologia l’operaio avesse o dovesse avere consapevolezza dell’origine professionale della sua affezione. Bocciata anche l’eccezione relativa al fatto che la malattia non rientrava tra quelle tabellate.
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