Il processo Eternit per le morti da amianto era prescritto prima ancora del rinvio a giudizio dell’imprenditore svizzero Schmideiny. A sottolinearlo è la Cassazione nelle motivazioni. Per la Suprema Corte, con la prescrizione cadono infatti “tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni”.
La prescrizione è stata calcolata dall’agosto del 1993 – La Corte di Cassazione “a far data dall’agosto dell’anno 1993” era ormai acclarato l’effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in quell’anno, era stata “definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti”. “E da tale data – prosegue il verdetto – a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (13/02/2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti” per “la maturazione della prescrizione in base alla legge 251 del 2005”.
Per Schmidheiny la responsabilità sussiste fino al 1986 – Per la Cassazione “la consumazione del reato di disastro non può considerarsi protratta oltre il momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri” d’amianto “prodotte dagli stabilimenti” gestiti da Stephan Schmidheiny e cioè “non oltre il mese di giugno dell’anno 1986, in cui venne dichiarato il fallimento delle società del gruppo”, senza tener conto del fatto che è in atto il fenomeno epidemico e soprattutto che l’amianto è ad oggi ancora presente negli stabilimenti Eternit.
La dichiarazione di prescrizione cancella i risarcimenti – La Cassazione dichiara che “per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di I grado”, cadono “tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni”.
La Corte di Cassazione non condivide la contestazione del reato di cui all’art. 434 c.p., e conferma che dovevano essere contestai i reati contro la persona.
Nel processo Eternit bis che sta imbastendo il pm Guariniello, infatti, le accuse sono cambiate e si procederà per omicidio volontario. Anche secondo i calcoli più restrittivi dei tempi della Cassazione, non dovrebbe in questo caso insorgere prescrizione. Anche se dimostrare l’omicidio volontario sarà molto più arduo.