Sul know-how e sul suo peso in materia di franchising si è pronunciata la Corte di Cassazione con una specifica sentenza.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11256/2018, si è espressa in materia di franchising fornendo dei chiarimenti molto importanti.
A differenza di quanto sostenuto dalla dottrina maggioritaria, gli Ermellini sono giunti alla conclusione secondo cui il know-how non è un elemento essenziale del contratto di franchising. E che – pertanto – può sussistere anche se non è previsto dal contratto.
La vicenda
Nel caso di specie, il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda dell’affiliato dichiarando nullo il contratto di “affiliazione collaborazione”. Ciò in virtù della indeterminatezza dell’oggetto di cui all’art. 1 del contratto, in riferimento al know-how che la società aveva preso l’impegno di trasferire.
A quel punto l’affiliante ha appellato la sentenza e il giudice di secondo grado ha accolto in parte l’impugnazione.
L’affiliata ha deciso di fare ricorso in Cassazione. Dall’altro lato, l’affiliante ha resistito con un controricorso proponendo ricorso incidentale.
Ora, nella sentenza in oggetto, il punto di contrasto riguarda il know-how. Si tratta infatti di capire se quest’ultimo sia l’elemento fondante del contratto di franchising. E se, pertanto, in sua assenza, il contratto può essere definito come un affitto d’azienda.
Ebbene, per la Cassazione il know-how non costituisce un aspetto essenziale in tal senso.
“Molto più complesso è il secondo gruppo di questioni poste dai motivi in esame – scrive la Cassazione – da un lato, la pretesa assoluta mancanza di determinazione del contenuto del know-how in contratto, che renderebbe nulla la relativa clausola”.
“Dall’altro – proseguono gli Ermellini – la natura di contenuto accessorio del know-how rispetto al contratto di franchising, che potrebbe quindi sussistere anche senza detto elemento”.
Dunque per i giudici, iniziando proprio da tale ultimo profilo “e ribadito che il negozio in questione – in forza del giudicato interno sul punto – è un contratto di affiliazione commerciale e che, quindi, è soggetto alla disciplina di cui alla legge n. 129/2004, occorre muovere dalla definizione normativa contenuta dall’art. 1, comma 3, lett. a) della detta legge, secondo cui si intende ‘per know-how, un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall’affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato’”.
A questo punto, per la Cassazione, è pacifico affermare che il requisito del know-how, ai fini della stipula del contratto di franchisíng, non costituisce elemento che non può venir meno.
Inoltre, l’art. 1, comma 1, della citata legge stabilisce che “1. L’affiliazione commerciale (franchising) è il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi”.
In base a quanto enunciato, il contratto di affiliazione commerciale non deve riguardare cumulativamente tutti gli aspetti regolati dalla norma. Pertanto, può configurarsi un contratto di franchising privo della clausola concernente la trasmissione del know-how dal franchisor al franchisee.
Hai avuto un problema simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o scrivi un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623
Leggi anche:
REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE: È VALIDA ANCHE SE TARDIVA?