Frenulotomia male eseguita è quanto dedotto dal paziente (Cassazione civile sez. III, 12/04/2022, n.11763), che a causa dell’errato trattamento sanitario è stato costretto a subire intervento di circoncisione.

Frenulotomia male eseguita spinge il paziente a citare in giudizio, dinanzi il Tribunale di Bari, due Medici e il Gestore della Casa di Cura, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni sofferti per colpa medica, previo accertamento della responsabilità professionale dei predetti medici nell’espletamento della prestazione sanitaria eseguita.

L’uomo espone che, dopo essere stato visitato perché lamentava bruciore e rossore al glande, il Medico evidenziava la necessità di eseguire una frenulotomia.

Immediatamente dopo l’intervento, comparivano forti dolori e sanguinamento e nei giorni successivi alle dimissioni, nell’eseguire le operazioni di pulizia prescritte dai sanitari, il paziente aveva constatato che il glande non fuoriusciva regolarmente, se non in modo forzato e doloroso. Il Medico, a cui l’attore si era successivamente rivolto, aveva ammesso che l’intervento chirurgico non era stato eseguito correttamente e che era necessario procedere a diverso intervento chirurgico (circoncisione e plastica del frenulo) al fine di consentire la normale fuoriuscita del glande.

Le condizioni patologiche e le limitazioni funzionali persistenti (fuoriuscita non regolare del glande, dolori in fase di erezione con assoluta impossibilità al coito, condizione di stenosi cicatriziale della rima prepuziale) correlate all’inadeguato intervento chirurgico di frenulotomia impedivano, di fatto, al paziente ogni rapporto sessuale e acuivano le condizioni d’ansia e lo stato di malattia (sclerosi multipla) da cui era affetto.

Espletate due CTU,  il Tribunale di Bari rigettava la domanda risarcitoria sulla scorta delle conclusioni tratte dal primo Consulente, ritenute più significative in quanto frutto di verifiche dirette sul paziente, anteriori all’intervento di circoncisione al quale il paziente si era sottoposto dopo l’attività di istruzione preventiva.

In ogni caso, il Tribunale evidenziava che anche il secondo CTU escludeva responsabilità riconducibili ad un’esecuzione non corretta del primo intervento chirurgico di frenulotomia, limitandosi a censurare la carenza di consenso informato, che tuttavia non era stata prospettata dall’attore con la domanda risarcitoria.

La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Bari.

La Corte territoriale ha evidenziato che non vi era incompatibilità o contraddittorietà tra i risultati delle due CTU, in quanto entrambi i Consulenti concordavano sia sulla natura meramente soggettiva delle disfunzioni lamentate, non oggettivamente riscontrate né riscontrabili, sia sulla certa assenza di collegamento causale tra tali disfunzioni (ove esistenti) e l’intervento di frenulotomia eseguito presso la struttura convenuta.

Correttamente il primo C.T.U. dava peso al dato anamnestico rilevabile dalla cartella clinica, ricollegando, seppure in via di ipotesi, le disfunzioni lamentate dal paziente, quando anche ritenute sussistenti, alle condizioni patologiche pregresse.

Secondo la Corte, nessun rilievo decisivo poteva poi attribuirsi al fatto che il M. riferisse di aver superato tali disfunzioni all’esito del secondo intervento, trattandosi di sensazioni meramente soggettive, che non erano verificabili in maniera oggettiva e che comunque non risultavano nemmeno dimostrate in via presuntiva.

Egualmente, sempre secondo la Corte, nessuna rilevanza poteva avere la mancata corrispondenza tra l’effettivo intervento eseguito, qualificato dai CTU come frenulotomia o “frenuloplastica”, e quello descritto in cartella clinica (“circoncisione e plastica del frenulo”), a fronte della correttezza sia della diagnosi, confermata anche nella cartella relativa al secondo intervento,  sia dell’opzione chirurgica concretamente prescelta dai sanitari, meno invasiva rispetto alla circoncisione.

Impugnando la decisione per Cassazione il paziente lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed omesso esame di un atto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La Corte territoriale avrebbe interpretato in modo contraddittorio il secondo elaborato peritale, giungendo a conclusioni non in linea con quanto rappresentato dallo stesso CTU. Infatti, la Corte non avrebbe tenuto conto dei passaggi della perizia in cui veniva evidenziata la responsabilità professionale dei sanitari, rimarcando l’incompletezza della cartella clinica, nonché l’erroneità e l’inadeguatezza del trattamento chirurgico di frenulotomia e postchirurgico.

Inoltre la Corte d’appello avrebbe errato nel non ritenere attendibili i riscontri delle visite da parte degli specialisti in prossimità dell’intervento chirurgico e le perizie di parte, nonché nel ritenere irrilevante il profilo della violazione del consenso informato, che rientrerebbe nel generico concetto di colpa medica ed avrebbe anzi un rilievo assorbente, nella misura in cui il paziente, ove correttamente informato, non si sarebbe sottoposto all’intervento.

Il primo motivo, con riferimento all’asserita violazione di legge, è inammissibile perchè non viene indicato sotto quale profilo sarebbe stata incisa dalla sentenza impugnata la norma indicata nell’intestazione.

Il motivo appare poi carente di autosufficienza laddove il ricorrente sostiene che i Giudici di secondo grado avrebbero interpretato contraddittoriamente la seconda CTU, limitandosi però a trascrivere brevi brani della relazione tecnica, avulsi dal contesto complessivo della stessa.

L’appello, alla luce delle risultanze peritali, ha escluso in termini di certezza il nesso di causalità tra le disfunzioni lamentate dal paziente, non dimostrate, e l’intervento chirurgico di frenulotomia, a prescindere dall’esatta qualificazione dell’intervento attribuita dai sanitari nella cartella clinica.

La Corte territoriale ha correttamente escluso la prova del danno e della responsabilità dei sanitari dopo aver preso in considerazione tutti gli elementi, ed averne escluso la rilevanza con motivazione scevra da vizi logico-giuridici.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché non viene offerta alcuna argomentazione a sostegno della lamentata violazione della regola generale dell’onere della prova.

La Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

Sei vittima di errore medico o infezione ospedaliera? Hai subito un grave danno fisico o la perdita di un familiare? Clicca qui

Leggi anche:

Neonato morto dopo il parto in casa: aperta un’inchiesta dalla procura

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui