Nel 2017, il Gip di un Tribunale pugliese veniva assolto, con sentenza della sezione disciplinare del CSM, dall’illecito di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, lett. a) e g), per “grave violazione dell’art. 306 c.p.p. e art. 91 disp. att. c.p.p., determinata da negligenza inescusabile” per non avere scarcerato una detenuta nonostante la decorrenza dei termini di carcerazione preventiva

Da detto procedimento era emerso che in realtà, il ritardo complessivo addebitabile al gip in questione, era di soli 4 giorni e non già di 26 giorni come contestato, ragion per cui il magistrato doveva essere “assolto”.

Ed, invero, avverso tale pronuncia presentavano due separati ricorsi per Cassazione, il Ministero della giustizia da una parte e la Procura Generale dall’altra.

Ad avviso dei ricorrenti la definizione assolutoria dell’incolpato per scarsa rilevanza sarebbe stata fondata sull’errato argomento per il quale il gip avrebbe ritardato la scarcerazione della imputata di soli quattro giorni, trattandosi invece, di un termine assai più lungo.

Ebbene il ricorso è stato accolto.

Secondo i giudici della Cassazione, in via di principio, il comportamento del magistrato che omette di rilevare la scadenza dei termini custodiali è sicuramente idoneo a integrare la “grave violazione di legge” derivante da palese “negligenza inescusabile”.

Tale condotta viola anche il dovere di “diligenza” dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, in quanto lesiva del diritto fondamentale di libertà del soggetto trattenuto in carcere oltre i limiti di legge.

A tal proposito, viene richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, la disapplicazione della norma che impone la liberazione dell’indagato può essere giustificata solo dal ricorso di una esimente connessa a circostanze di fatto o a provvedimenti che giustifichino la permanenza nella detenzione del soggetto e la sua mancata liberazione, “dovendosi attribuire a gravissima negligenza del giudice ogni violazione del diritto di libertà non dovuta a cause eccezionali ovvero già determinate per legge” (v. in termini, Cass. Sez. Un. 29 luglio 2013 n. 18191).

E in ogni caso, sussiste il danno ingiusto anche nell’ipotesi di limitazione della libertà personale con la misura degli arresti domiciliari.

Da quanto anzidetto, non poteva che condividersi la posizione dei ricorrenti in ordine alla asserita erroneità del giudizio disciplinare, cosicché la decisione impugnata è stata cassata, con rinvio della causa alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura per un nuovo esame della vicenda, nel rispetto dei principi di diritto sopra richiamati.

La redazione giuridica

 

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