La causa violenta va intesa come fattore nell’ambiente di lavoro che agisce in maniera concentrata e reca danno al lavoratore (Tribunale di Bari, Sez. lavoro, Sentenza n. 1671/2021 del 27/05/2021-RG n. 12077/2017)
Con ricorso la parte ricorrente, premesso di avere lavorato quale bracciante agricola e di aver subito un malore durante il turno lavorativo in data 21.03.2016 chiede la condanna dell’Inail alla corresponsione dell’indennità per l’inabilità temporanea assoluta asseritamente scaturita o, in subordine, che l’I.N.P.S. fosse condannata alla corresponsione dell’indennità di malattia derivata. Ebbene, la domanda nei confronti dell’Inail non può essere accolta in quanto la ricorrente non ha allegato, né dimostrato, la sussistenza di causa violenta, intesa come qualsiasi fattore presente nell’ambiente di lavoro, in maniera esclusiva o in misura significativamente diversa che nell’ambiente esterno, il quale, agendo in maniera concentrata, rechi danno all’organismo del lavoratore.
Per quanto concerne la domanda proposta nei confronti dell’Inps viene osservato che l’art. 5, comma VI, legge 638/1983 stabilisce che i lavoratori agricoli a tempo determinato, iscritti o aventi diritto all’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al R.D. 24 settembre 1940 n. 1949, hanno diritto, a condizione che risultino iscritti nei predetti elenchi nell’anno precedente per almeno 51 giorni, per ciascun anno, alle prestazioni di indennità di malattia per un numero di giornate corrispondente a quello risultante dall’iscrizione nell’anno precedente.
Riguardo quest’ultimo requisito, la giurisprudenza è ferma nel ritenere che “il diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell’agricoltura alle prestazioni previdenziali è condizionato all’esistenza di una complessa fattispecie che è costituita dallo svolgimento di un’attività di lavoro subordinato a titolo oneroso per un numero minimo di giornate per ciascun anno di riferimento, che risulti dall’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al R.D. 24 settembre 1940, n. 1949 e successive modifiche ovvero dal possesso del cosiddetto certificato sostitutivo. Pertanto, sul piano processuale, colui che agisce in giudizio per ottenere le suddette prestazioni ha l’onere di provare, mediante l’esibizione di un documento che accerti la iscrizione negli elenchi nominativi o del certificato sostitutivo, gli elementi essenziali della complessa fattispecie dedotta in giudizio”.
Seguendo tali principi, l’iscrizione negli elenchi costituisce il presupposto per richiedere l’indennità di malattia dei lavoratori agricoli a tempo determinato, quindi, l’interessato, ove non iscritto, deve chiedere il riconoscimento del diritto alla iscrizione nel medesimo giudizio promosso per ottenere la prestazione di disoccupazione.
L’atto di iscrizione è atto accertativo di un diritto alla iscrizione, che nasce dalla prestazione lavorativa, comporta la azionabilità di tale diritto davanti al giudice ordinario.
Non riconosce, invece, il diritto alla prestazione previdenziale indipendentemente dalla attualità del diritto alla iscrizione e dunque nel caso di maturazione della decadenza prevista dalla legge, che ha natura di decadenza sostanziale.
Ciò premesso, l’iscrizione della ricorrente negli elenchi dei braccianti agricoli del proprio Comune di residenze nell’anno precedente e per almeno 51 giorni è dimostrata sulla base dell’estratto conto previdenziale emesso dall’I.N.P.S. prodotto.
Parimenti, risulta documentato il primo periodo di malattia in relazione a cui è stata domandata l’indennità, cioè quello dal 21.03.2016 al 29.03.2016.
Conseguentemente, la lavoratrice ha diritto al pagamento della indennità di malattia per il periodo dal 21.03.2016 al 29.03.2016 e la somma spettante è pari ad euro 146,58 , oltre agli accessori come per legge.
Egualmente documentato è il secondo periodo di malattia, cioè dall’8.11.2016 al 13.11.2016 e la somma spettante è pari ad euro 73,29 , oltre agli accessori come per legge.
Essendo parzialmente accolta la domanda proposta, l’Inps viene condannato alla corresponsione dell’importo complessivo di euro 219,87 oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria e salvo il limite di cui all’art. 16, 6° comma, della legge n. 412/91.
Viene dichiarato non luogo a provvedere sulle spese di lite in relazione al rapporto processuale tra parte ricorrente e l’Inail in quanto quest’ultimo ente, rimasto contumace, è risultato integralmente vittorioso.
Invece, le spese di lite circa il rapporto processuale tra parte ricorrente e Inps vengono compensate per ½ in ragione dell’accoglimento della domanda in importo inferiore a quello originariamente richiesto e nella restante quota sono poste a carico dell’I.N.P.S. in quanto prevalentemente soccombente.
Concludendo, il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, accoglie parzialmente il ricorso e condanna l’I.N.P.S. al pagamento, in favore di parte ricorrente, dell’indennità di malattia in relazione ai periodi di cui in motivazione per l’importo complessivo di euro 219,87 oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria e salvo il limite di cui all’art. 16, 6° comma, della legge n. 412/91; rigetta le restanti domande; dichiara non luogo a provvedere sulle spese di lite tra parte ricorrente e l’I.N.A.I.L.; compensa per ½ le spese di lite tra parte ricorrente e l’ I.N.P.S. e condanna quest’ultimo al pagamento della quota residua che liquida in complessivi euro 118,75 oltre rimborso spese generali e accessori di legge.
Avv. Emanuela Foligno
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