Accolto il ricorso di due società proprietarie di immobili abusivamente occupati nei confronti della sentenza che escludeva la responsabilità del ministero dell’interno

E’ colposa la condotta dell’amministrazione dell’interno che, a fronte dell’ordine di sgombero di immobili abusivamente occupati, trascuri di dare attuazione al provvedimento. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione pronunciandosi sul ricorso presentato da due società in accomandita semplice.

Le aziende, proprietarie rispettivamente di 32 e 18 appartamenti, avevano convenuto in giudizio nel 1996 il Ministero della Giustizia e quello dell’interno. Tra il 1993 e il 1994, infatti, gli appartamenti erano stati occupati abusivamente da terzi. Le parti attrici avevano quindi denunciato il fatto alla Procura della Repubblica. Ma i conseguenti provvedimenti di sgombero erano rimasti inattuati. Sia l’assessore alla casa che il prefetto e il questore si erano “astenuti deliberatamente dal ripristinare la legalità”.

Le società sarebbero rientrate in possesso degli immobili solamente sei anni dopo.

Da qui la richiesta di risarcimento dei danni patiti “per la colpevole e prolungata inerzia della amministrazioni nel dare esecuzione all’ordine di sgombero”.

In primo grado la domanda era stata accolta nei confronti della sola amministrazione dell’interno. In sede di appello, tuttavia, la sentenza era stata riformata, con il rigetto della pretesa. Per la Corte d’appello, infatti, nei fatti non era emersa una condotta colposa da parte dell’amministrazione. La decisione di ritardare di sei anni lo sgombero degli immobili abusivamente occupati sarebbe stata frutto di una ‘scelta attendista’ adottata per evitare disordini, a tutela dell’ordine pubblico.

Nel ricorrere per cassazione le due società lamentavano la violazione e compressione, per sei anni, del loro diritto di proprietà. Il tutto senza alcuna contropartita, ovvero un risarcimento o ristoro monetario. Di conseguenza, la sentenza impugnata, avrebbe violato i principi dettati dalla Costituzione e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

La Cassazione, con la sentenza n. 24918/2018, ha ritenuto fondate le censure proposte dalle ricorrenti.

Per gli Ermellini il rifiuto di assistenza della forza pubblica all’esecuzione di un provvedimenti del Giudice costituisce un comportamento illecito lesivo del diritto alla prestazione. Come tale, dunque, è generatore di responsabilità da parte della pubblica amministrazione.

La discrezionalità della P.A, secondo la Suprema Corte, non può estendersi sino a stabilire se un provvedimento dell’autorità giudiziaria debba o non debba essere eseguito. A maggior ragione quando questo abbia ad oggetto la tutela di un diritto riconosciuto dalla Costituzione o dalla Cedu, come nel caso del diritto di proprietà. In caso contrario, si stravolgerebbe “ogni fondamento dello Stato di diritto”.

Da qui la decisione di accogliere il ricorso, cassare la sentenza impugnata e rinviare la causa alla Corte d’appello per un nuovo esame della causa.

 

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