Se marito e moglie risiedono abitualmente in comuni diversi, entrambi hanno diritto all’esenzione dal pagamento dell’IMU per le rispettive abitazioni principali

La vicenda

La ricorrente aveva impugnato l’avviso di accertamento con il quale il Comune le aveva chiesto il pagamento di 1674,00 euro per imposta IMU non versata, interessi e sanzione, per l’abitazione principale che la stessa possedeva a titolo di proprietà nel territorio comunale.

La contribuente sosteneva di non essere soggetto passivo IMU in quanto l’immobile da ella detenuto era adibito ad abitazione principale e costituiva dimora abituale nonché residenza anagrafica del nucleo familiare, da ella composto insieme a suo figlio, perché il coniuge viveva in altro comune. Pertanto, in applicazione dell’articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201/2011 l’immobile avrebbe dovuto essere completamente esentato dal pagamento del tributo.

A conferma della residenza e domicilio nel predetto comune, la ricorrente aveva prodotto i consumi delle bollette elettriche compatibili con il predetto uso dell’immobile.

Peraltro la norma prevede una sola agevolazione nel caso in cui la residenza dei coniugi sia stabilita in due immobili diversi ma nello stesso comune, perciò l’Ente non avrebbe potuto escludere l’applicazione dell’esenzione in quanto il coniuge risiedeva in un diverso territorio.

A sostegno delle proprie ragioni il convenuto aveva richiamato, tra le altre, la sentenza della Corte di Cassazione n. 14389/2010 nella quale è stato affermato che “il contribuente che vive abitualmente in un immobile non ha diritto all’esenzione ICI prevista per l’abitazione principale se il resto della famiglia vive in un altro appartamento”.

Il giudizio dinanzi al CTP Bologna

Ebbene, tutti i precedenti giurisprudenziali richiamati dalla amministrazione riguardavano l’ICI; ed invero “la disciplina riguardante l’Imu – ha affermato la CTP Bologna (n. 914/2019) – deve essere valutata autonomamente, al fine di individuarne il significato e giungere alla corretta interpretazione delle disposizioni che prevedono l’esenzione del tributo per l’abitazione principale”.

La disciplina si rinviene nell’art. 13 del D.L. 201/2011 che al comma 2 prevede: “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ivi compresa l’abitazione principale e le pertinenze della stessa. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per pertinenze dell’abitazione principale si catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”.

La definizione di abitazione principale è sostanzialmente identica anche nelle disposizioni precedenti sempre in materia di IMU.

Disposizioni che, a decorrere dal 2013 hanno, prima sospeso parzialmente e poi abolito definitivamente l’obbligo del pagamento dell’imposta per gli immobili rientranti in tale categoria (d.l. n. 54/2013; d.l. n. 133/2013; l. n. 147/2013; l. n. 208/2016).

La norma identifica l’abitazione principale nella unità immobiliare in cui il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente; è necessario dunque il concorrere di due requisiti, uno di fatto, la dimora abituale, l’altro di carattere formale, la residenza anagrafica, dipendente dalla iscrizione in un pubblico registro.

Perciò mentre per accertare il secondo è necessario e sufficiente il certificato di residenza rilasciato dal Comune, per il primo occorre dare la dimostrazione della effettiva dimora abituale: la sussistenza di tale requisito dovrà essere verificata di volta in volta.

La disposizione in esame richiede dunque la sussistenza dei requisiti sopra detti per il “possessore e il suo nucleo familiare”.

Volendo dare un senso alla previsione della residenza e dimora del nucleo familiare contenuta nella norma, un chiarimento lo si trova nella disposizione immediatamente successiva, che detta una particolare disciplina per l’ipotesi in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la loro dimora e residenza in immobili diversi, qualora questi siano situati nel territorio dello stesso comune: in tale situazione si prevede espressamente che l’esenzione si applichi per un solo immobile.

Tale specifica ipotesi viene dunque prevista e regolamentata dal legislatore che ha ritenuto di limitare il beneficio quando si tratti di immobili siti nello stesso comune; nessun limite normativo esiste invece, quando gli immobili siano collocati in comuni diversi.

La regola e l’eccezione

La norma si pone, in altre parole, quale eccezione dal pagamento per gli immobili adibiti ad abitazione principale; perciò “non può trovare applicazione in via analogica nei casi in cui gli immobili siano collocati in comuni diversi; ciò in base al noto principio secondo cui le norme eccezionali si devono applicare esclusivamente alle ipotesi espressamente previste e non possono essere applicate a casi diversi, seppur analoghi a quelli espressamente e puntualmente regolamentati”.

Oltretutto – ha aggiunto la CTP – se si seguisse la prospettazione del Comune si realizzerebbe una “inammissibile disparità di trattamento a scapito di una coppia di coniugi (o uniti civilmente) rispetto a una coppia di fatto che invece si vedrebbe serenamente riconosciuto il diritto all’esenzione per due immobili”.

La decisione

In definitiva per l’applicazione concreta dell’esenzione non potrà che prescindersi dal riscontro circa la effettività dei requisiti richiesti: e dunque, oltre al requisito della residenza nel comune ove è situato l’immobile, che solitamente non richiede controlli difficili, occorre che sia certa l’effettività del domicilio in una abitazione diversa da quella degli altri familiari: nell’effettuare tale riscontro sarà onere delle parti introdurre elementi di prova a dimostrazione delle rispettive posizioni e, in caso di contenzioso, sarà compito del giudice accertare l’esistenza o meno del diritto all’esenzione.

Per tutte queste ragioni il ricorso è stato accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

Avv. Sabrina Caporale

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