È lecito affermarlo di fronte a una sentenza sconcertante con la quale viene respinta la domanda attorea nonostante la CTU medico-legale – rifatta rispetto a quella esperita in primo grado con esito negativo per il danneggiato – avesse totalmente, integralmente e inequivocabilmente accolto gli assunti attorei.
Trattavasi di un caso di parto con difficoltà legate alla distocia di spalla e con nascita di un bambino leso nell’arto superiore destro per errata scelta della manovra applicabile (quella di Jacquemier in luogo di quella di McRobert).
Queste le conclusioni dei CCTTUU di Appello: “Nel corso del parto il modello assistenziale, messo in atto e descritto  in cartella, NON appariva però adeguato alle raccomandazioni di buona pratica dettate da linee-guida accreditate, dal momento che erano state omesse procedure esigibili, di semplice ed immediata applicazione (manovra di McRobert e pressione sovra pubica). Queste ultime, con elevata probabilità, avrebbero consentito di risolvere il problema ed era stata preferita invece una procedura (manovra di Jacquemier), ritenuta di seconda linea, più invasiva e gravata da un più alto tasso di complicazioni”.
Questa, invece, l’incredibile conclusione dei Giudici di Appello: “Ne discende un costrutto logico-giuridico della sentenza di primo grado pienamente recepibile ed escludente profili di responsabilità professionale. Appare in effetti ravvisabile un difetto probatorio a carico del paziente danneggiato circa il nesso eziologico e la contrapposta emergenza di un operato professionale corretto secondo i profili di diligenza e prudenza esigibili ex art. 1176 comma secondo c.c.,  nonché  di  perizia, quest’ultima diversamente valutabile con la limitazione di responsabilità di cui all’art. 2236 c.c., in ragione della oggettiva sussistenza di soluzioni tecniche differenziali attuabili nella fattispecie e di speciale difficoltà stante la “severa” distocia. Detto convincimento trova conforto anche in virtù del principio di preponderanza dell’evidenza, richiamato dallo stesso appellante a supporto delle proprie tesi invece affermative  della responsabilità professionale. La sentenza deve pertanto essere confermata, assorbito ogni ulteriore rilievo.”
Sembra uno ‘scherzo di Carnevale’, un ‘pesce d’aprile’, uno ‘scambio di persona’, invece è tutto vero e lo si può leggere nei sottostanti allegati.
Ai Giudici di Appello è sfuggito in primis il concetto che, in un rapporto contrattuale, la prova dell’assenza di colpa è a carico della convenuta struttura e che un intervento di speciale difficoltà (peraltro, non configurabile nel caso de quo) non vale a invertire l’onere della prova. Inoltre, e soprattutto, i giudici di secondo grado non hanno minimamente considerato che, nella fattispecie, era stato incontrovertibilmente accertato un errore in procedendo dei sanitari i quali omisero di mettere in pratica le linee guida della letteratura medica disponibili all’epoca dell’evento.
L’inopinato verdetto è stato giustificato dai Giudici di Appello con la seguente motivazione apodittica e quindi non suffragata da prove evidenti: “Simile dato induce a ritenere che le preventive manovre meno invasive o siano state eseguite senza successo, emergendo dagli atti ed essendo comunque incontestato che il parto ebbe ad essere iniziato dall’ostetrica che richiese, seguendo il protocollo, il successivo intervento del ginecologo o che quest’ultimo, valutata  la situazione contingente e le condizioni del nascituro, peraltro con giro di funicolo intorno al collo (come risultante dalla cartella clinica), abbia ritenuto inidonea l’adozione di interventi di prima linea, con consequenziale rischio di ulteriore ritardo nella estrazione”.
Con un tratto di penna, sono state poste nel nulla le pronunce della Suprema Corte di Cassazione degli ultimi vent’anni anni e si sono violati, in un colpo solo, la logica elementare, i principi dell’onus probandi e il dovere del giudice di far proprie le conclusioni del CTU salvo motivata argomentazione nel caso di sentenza contraria rispetto al parere reso dall’esperto incaricato del caso. Con ciò, sdoganando quale ‘ineccepibile’ un comportamento medico che di ‘perito’ nulla contiene in quanto caratterizzato dalla violazione delle più accreditate linee guida del tempo. Ne esce l’idea di un medico sempre e comunque assolvibile da ogni colpa. Quasi si trattasse di un “Santone” a cui tutto, in quanto depositario di una scienza infusa e non discutibile, sia consentito.
Gli attori proporranno certamente un ricorso per Cassazione che, altrettanto certamente, avrà come risultato un ritorno della causa in Appello in composizione diversa per una decisione più saggia e rispettosa dei criteri del diritto vigente e di quello ‘vivente’.
Se così dovesse essere, viene da chiedersi: qualcuno pagherà per questo marchiano errore e per i tempi e i costi che ne deriveranno?

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

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