Il veicolo è costretto a sterzare a destra, andando a sbattere, a causa del comportamento di un’altra automobile. Il Giudice di appello respinge la domanda per mancanza di nesso causale e la Corte di Cassazione conferma il rigetto richiamando il principio delle Sezioni Unite sull’onere della prova (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 1 aprile 2025, n. 8546).
Il caso
La donna, alla guida della propria autovettura, si vedeva costretta a sterzare repentinamente alla propria destra – andando a sbattere contro un ostacolo, producendosi gravissime lesioni – asseritamente a causa del comportamento stradale di un’autovettura proveniente dall’opposto senso di marcia che, nell’effettuare una manovra di sorpasso, invadeva la sua corsia per poi dileguarsi.
La compagnia Allianz, in qualità di impresa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, impugna la decisione di appello.
La Corte d’appello di Bari (sent. 12.1.2023) in accoglimento del suo appello, e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dalla danneggiata al risarcimento dei danni subiti perché non soddisfatto l’onere della prova.
La mancanza di nesso causale
I Giudici di secondo grado hanno ritenuto che la donna non avesse fornito una prova certa e inequivoca dell’eventuale nesso di causalità tra il comportamento stradale dell’autovettura antagonista e la manovra di repentina svolta alla propria destra foriera dei gravi danni dalla stessa denunciati, con il conseguente inevitabile accertamento negativo della fondatezza della domanda risarcitoria.
La donna pone la questione al vaglio della Corte di Cassazione, che conferma il rigetto del risarcimento.
Secondo la danneggiata i secondi Giudici avrebbero reso una motivazione illogica e sostanzialmente apparente a fondamento della propria decisione costruendola sulla base di una travisata lettura degli elementi di prova e dei fatti di causa complessivamente accertati in giudizio, pervenendo alla conclusione della mancata dimostrazione dell’illecito commesso dall’autovettura dileguatasi dopo il sinistro.
Il riscontro della Cassazione
La doglianza non è fondata. La Cassazione osserva che la ricorrente si è limitata ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del Giudice di merito, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa. Ebbene, questa è una tipica valutazione di fatto riservata al merito, non sindacabile in legittimità.
In sintesi, il fulcro delle doglianze della donna è da individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla Corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa.
Il motivo d’impugnazione viene disatteso, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il Giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi.
Il difetto del requisito della motivazione
Al riguardo, viene ribadito che ai sensi dell’art. 132, n. 4, c.p.c., il difetto del requisito della motivazione si configura, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione). Ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum.
Difatti, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili.
Calando tutto ciò al caso concreto, la motivazione della Corte territoriale a fondamento della decisione impugnata è, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili alle fonti di prova esaminate e del grado della relativa attendibilità sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica.
Le Sezioni Unite e l’onere della prova
La Cassazione richiama il principio delle Sezioni Unite, ai sensi del quale la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura se si applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c., è necessario denunciare che non siano state poste a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè che il giudicato sia avvenuto in contraddizione con la prescrizione della norma, mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il Giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c.
Sulla base di tali ragioni la Cassazione rigetta integralmente il ricorso, con conferma del secondo grado.
Avv. Emanuela Foligno