Non è stata valutata la possibile applicazione delle Leggi Balduzzi e Gelli-Bianco e della problematica sulla colpa lieve in relazione all’indagine diagnostica eseguita dal medico (Cassazione Penale, sez. IV, sentenza n. 3941/2021 del 2 febbraio 2021)

La Corte di Appello di Roma confermava la sentenza di primo grado che dichiarava il Medico colpevole del reato di omicidio colposo della paziente deceduta a seguito di shock settico per spandimento biliare in cavità addominale secondario a micro perforazione intestinale iatrogena prodottasi in corso di colangio-pancreatografia retrograda (CPRE).

La Corte territoriale individuava la colpa del Medico, quale primo operatore della CPRE eseguita sulla paziente, nell’aver effettuato la CPRE in assenza di elementi clinici e diagnostici che esigessero la realizzazione di tale procedura, in relazione ai rischi da essa comportati.

L’imputato ricorre in Cassazione lamentando vizio di motivazione per la mancata valutazione delle affermazioni formulate dai Consulenti di parte.

Secondo i periti, la CPRE costituiva un eccesso di indicazione diagnostica per una paziente che non presentava sintomi o segni di patologia epatobiliare, stante l’assenza di tutti quei segni patognomonici comunemente indicati come “triade di Charcot”, ossia presenza di ittero, febbre con brividi e dolore in ipocondrio destro.

Tutti i Consulenti esaminati in primo grado confermavano la presenza di una formazione la cui natura non veniva chiarita dalle indagini strumentali svolte, neppure dalla colangio-RMN.

I Giudici di Appello hanno riconosciuto che la sensibilità della colangio-RMN nella diagnosi delle neoplasie ampollari consente di identificare quadri neoplastici nell’81% dei casi.

La difesa dell’imputato aveva rilevato, sulla base della letteratura scientifica di riferimento, come l’accuratezza diagnostica della colangio-RMN fosse in effetti alta ma comunque minore dell’accuratezza diagnostica (e non solo nello staging come affermano i periti) dell’ecoendoscopia e lo è ancor di più (94% di quest’ultima contro il 67% della colangio-RMN) nei casi di lesioni di diametro inferiore a 3 cm, come nel caso contestato.

Sul punto venivano prodotte le linee guida inglesi, secondo cui la CPRE garantisce un livello superiore nel riconoscimento dei piccoli tumori. Nonostante ciò, la Corte territoriale si è limitata ad affermare che la superiorità dell’indagine ecoendoscopica “non riguardi tanto le capacità diagnostiche quanto quelle di T staging della neoplasia”. Nè è stato considerato che la colangio-RMN non riconosce la lesione nel 20% dei casi. Le conclusioni raggiunte dalla Corte territoriale contrastano con le emergenze processuali che, invece, avevano confermato l’esistenza di un dubbio diagnostico in ordine ad una formazione di natura non chiara, meritevole di approfondimento.

Infine, sempre secondo l’imputato, la Corte territoriale, da un lato, ha sopravvalutato i rischi minimi della ecoendoscopia, dall’altro ha omesso di considerare i rischi enormi legati ad una diagnosi tardiva di un tumore della papilla di Vater, altamente mortale come descritto dal consulente del PM.

Con successiva memoria, ritualmente depositata, il ricorrente illustra nuovi motivi in ordine alla mancanza di riferimento, nella sentenza impugnata, alle linee guida e al mancato confronto della stessa con gli argomenti dei Consulenti della difesa, riscontrati da copiosa documentazione scientifica prodotta dalla difesa del ricorrente.

Gli Ermellini ritengono il ricorso fondato in quanto la sentenza impugnata presenta vizi logici in relazione alla posizione di responsabilità del ricorrente rispetto all’evento morte della paziente.

La Corte d’Appello non valuta le argomentazioni difensive secondo cui la decisione di eseguire la CPRE era conforme alle linee guida, in relazione alla necessità di verificare tempestivamente la sussistenza di un tumore in fase iniziale nella zona del pancreas.

I giudici di merito nulla dicono sulle linee guida, limitandosi a fare proprie le considerazioni dei Consulenti d’Ufficio, i quali hanno effettuato essenzialmente una valutazione ex-post della situazione clinica della paziente.

Inoltre, la motivazione è anche contraddittoria, in quanto da una parte ammette che l’ecoendoscopia (eseguita dopo la colangio-RMN) aveva evidenziato la presenza di una immagine ipoecogena, quindi di una “formazione” di dubbia natura; dall’altra, afferma che la colangio-RMN aveva con certezza – ma non si vede come, vista la successiva endoscopia – escluso la presenza di patologia ostruttiva papillare.

Occorreva invece stabilire, con valutazione ex-ante, se tale indagine diagnostica fosse necessaria o comunque opportuna sulla base dei dati medici emersi e delle linee guida nel caso concreto applicabili.

Ed ancora, le memorie difensive dell’imputato sul punto non sono state valutate adeguatamente nella sentenza impugnata, ed è pacifico che l’omessa considerazione da parte del Giudice dell’impugnazione di una memoria difensiva, non comporta, per ciò solo, una nullità per violazione del diritto di difesa, ma può determinare un vizio della motivazione per la mancata valutazione delle ragioni ivi illustrate, avuto riguardo alle questioni devolute con l’impugnazione.

La Corte territoriale non ha vagliato la possibile applicazione della Legge Balduzzi e Legge Gelli-Bianco, e quindi, della problematica della eventuale colpa lieve in relazione all’indagine diagnostica eseguita dal Medico nei confronti della paziente.

Ciò costituisce una grave carenza motivazionale laddove, in tema di responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, in base all’art. 2 c.p., comma 4, la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se, ed in quale misura, la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.

Ciò rilevato gli Ermellini affermano la sussistenza dei presupposti per rilevare d’ufficio l’intervenuta causa estintiva del reato, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo, pari ad anni sette e mesi sei.

Il termine massimo di prescrizione del reato è maturato in data antecedente al momento di presentazione del ricorso per cassazione (21.5.2020) e successiva alla sentenza di appello, emessa il 5.11.2019.

Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza impugnata.

Tanto chiarito, viene specificato che i vizi di motivazione della sentenza impugnata non consentono comunque di affermare la sussistenza dei presupposti per una pronuncia assolutoria.

Difatti, in presenza di una causa estintiva del reato è possibile pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, solo nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile.

In conclusione, secondo i Supremi Giudici, non sussistono i presupposti per constatare con immediata evidenza l’assenza di responsabilità penale dell’imputato.

La sentenza impugnata viene annullata senza rinvio per estinzione del reato per prescrizione.

Avv. Emanuela Foligno

Se sei stato/a vittima di un errore medico e vuoi ottenere, in breve tempo, il risarcimento dei danni fisici subiti o dei danni da morte di un familiare, clicca qui

Leggi anche:

Errato inserimento della sonda gastrostomica post rimozione del catetere di Foley

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui