Con una recente ordinanza, la Cassazione si è espressa sulla indennità per inabilità temporanea fornendo dei chiarimenti importanti

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza n. 12549/2018 ha fatto il punto in merito alla indennità per inabilità temporanea.

I giudici hanno infatti spiegato quando spetta l’indennità riconosciuta dal d.P.R. 1124/1965 in caso di infortunio avvenuto per causa violenta “in occasione di lavoro”.

La c.d. indennità per inabilità temporanea è, come noto, riconosciuta dall’art. 2 del d.P.R. n. 1124/1965 anche in caso di infortunio avvenuto per causa violenta “in occasione di lavoro” che determini un’inabilità al lavoro superiore a 3 giorni.

All’interno di tale nozione, peraltro, rientrano tutti i fatti attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, con l’unico limite del rischio elettivo.

Pertanto, l’ indennità per inabilità temporanea dovrà essere esclusa laddove l’infortunio sia stato determinato da fattori estranei che non riguardano l’attività lavorativa. Inoltre, dovrà essere dovuto a una scelta arbitraria del lavoratore.

La vicenda

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso di moglie e figli di un lavoratore. Costoro avevano chiesto all’INAIL il riconoscimento dell’ indennità per inabilità temporanea dovuta al de cuius dal 20/3/2006 al 27/1/2007, data del decesso, e della rendita ai superstiti in favore della moglie dell’assicurato.

Ciononostante, la Corte territoriale aveva escluso tali spettanze. Essa evidenziava come l’attività svolta al momento dell’infortunio dal de cuius non fosse qualificabile come attività immediatamente e necessariamente connessa con lo svolgimento delle mansioni tipiche dell’attività edilizia svolta professionalmente dal defunto. Il soggetto, infatti, stava sezionando un tronco d’albero per ricavare travi da destinare a copertura del proprio garage/deposito in corso di realizzazione.

Ebbene, per i giudici non c’è un diretto collegamento tra l’attività lavorativa svolta e le circostanze in cui si era determinato l’infortunio.

Pertanto, hanno rigettato la domanda azionata dagli eredi. Decisione criticata degli eredi in Cassazione.

Gli Ermellini hanno specificato che l’art. 2 del d.P.R. n. 1124/1965 copre tutti i casi di infortunio avvenuto per causa violenta “in occasione di lavoro” che cagionino un’inabilità al lavoro superiore a tre giorni.

Per “occasione di lavoro”, scrivono i giudici, si intendono tutti i fatti, anche straordinari e imprevedibili, inerenti all’ambiente, alle macchine, alle persone, al comportamento colposo dello stesso lavoratore.

A patto però che siano attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, ivi compresi gli spostamenti spaziali funzionali allo svolgimento della prestazione. Unico limite è costituito dal rischio elettivo.

Esso va inteso come tutto ciò che sia estraneo e non riguardante l’attività lavorativa e dovuto a una scelta arbitraria del lavoratore (cfr. Cass. 17917/2017).

Ma non è tutto.

Gli Ermellini ricordano che le norme del testo unico sugli infortuni sul lavoro sono dettate “dalla necessità di garantire ai lavoratori provvidenze nelle ipotesi di eventi dannosi che si producano a causa e in occasione delle attività alle quali sono adibiti, conseguendone che infortuni indennizzabili sono tutti quelli che si pongano in uno stretto rapporto di connessione e di complementarietà con l’attività protetta”.

In base a questo, il concetto di operazione “manuale abituale” può assumere contorni definiti dovendo in esso essere ricompresa ogni operazione che, si svolga all’interno o all’esterno dei locali aziendali.

Nel caso in esame, i giudici hanno escluso che la fattispecie esaminata possa essere ricompresa nei confini dell’oggetto della tutela, per i connotati di fatto che la contrassegnano.

Infatti, l’ipotesi di un infortunio occorso durante l’attività di acquisto del materiale utile all’impresa artigianale è molto diversa dall’infortunio realizzatosi in attività non direttamente e necessariamente connesse all’attività professionale svolta.

Nel caso di specie, il de cuius era stato travolto da un tronco d’albero da lui adagiato a terra al fine di terminarne il taglio, su terreno in pendenza.

Pertanto, al Collegio risulta evidente come il taglio di albero finalizzato all’approvvigionamento delle travi di legno utili a costruire il garage/deposito dell’artigiano è una attività non direttamente connessa a quella dell’artigiano costruttore edile.

Infine, i molteplici passaggi tecnici e manuali intercorrenti tra il taglio e il concreto utilizzo di travi di legno dimostrano l’assenza di quella accessorietà e connessione diretta richiesta per la qualificazione della attività artigianale tipica e per il funzionamento della tutela assicurativa.

Pertanto, il ricorso è stato respinto.

 

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