Nessuna pietà per l’indigente sorpreso a rubare. La Cassazione ha respinto la tesi dello stato di bisogno dell’imputato
La tutela dei bisogni primari della persona viene assicurata dai plessi amministrativi a ciò preposti; non è pertanto tollerabile l’atto penalmente illecito, posto in essere a tal fine dall’indigente
La vicenda
La Corte di Appello di Catania, ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in riferimento al reato di furto aggravato. La Corte territoriale ha così accolto l’appello proposto dal Procuratore generale, osservando che la situazione di disagio economico dell’imputato non poteva essere invocata ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione di cui all’art. 54 cod. pen.
Quest’ultimo decideva pertanto di ricorrere ai giudici della Cassazione, invocando una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 54 cod. pen., in riferimento all’art. 2 Cost.
L’uomo aveva infatti agito, al solo fine di non mettere in pericolo la vita della propria figlia minore, stante il suo stato di accertata indigenza.
La decisione della Cassazione
“Il ricorso non ha pregio!”
È questo quello che si legge nella sentenza.
Gli Ermellini hanno più volte chiarito che la situazione di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità, per difetto degli elementi dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo, atteso che alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale (Sez. 5, n. 3967 del 13/07/2015 – dep. 29/01/2016). Il principio è stato successivamente ribadito, rilevandosi che l’esimente dello stato di necessità postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso l’atto penalmente illecito, e non può quindi applicarsi a reati asseritamente provocati da uno stato di bisogno economico, qualora ad esso possa comunque ovviarsi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti (Sez. 3, n. 35590 del 11/05/2016, Rv. 267640). Con specifico riguardo al furto di energia elettrica, si segnala poi la recete sentenza (Sez. 5, n. 994 del 13.10.2017, dep. 2018, Fiorenti, n.m.), con la quale si è ribadito che una situazione di difficoltà economica non può essere invocata ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione ex art. 54 cod. pen., essendo possibile vedersi garantiti i bisogni primari da parte degli enti preposti all’assistenza sociale.
Orbene, il ricorrente, nell’invocare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione di cui all’art. 54 cod. pen., in riferimento ai doveri di solidarietà sociale, omette del tutto di confrontarsi con il richiamato insegnamento giurisprudenziale. Ed invero, la giurisprudenza di legittimità, come sopra chiarito, ha sottolineato che la tutela dei bisogni primari della persona viene assicurata dai plessi amministrativi a ciò preposti; e che l’ambito di operatività dello stato di necessità postula, di converso, il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso l’atto penalmente illecito.
Nel caso in esame, doveva tuttavia, rilevarsi che l’imputato non aveva neppure provato di essersi rivolto ai richiamati istituti di assistenza sociale, per far fronte alle necessità del proprio nucleo familiare.
Il ricorso è stato così rigettato: condannato per furto l’indigente che aveva cercato di salvare la propria figlia minore.
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