Preliminarmente viene dato atto della utilizzabilità degli atti dell’indagine penale trattandosi di cd. prove atipiche (Tribunale di Terni, Sez. Lavoro, Sentenza n. 383/2021 del 25/11/2021-RG n. 622/2018)

Il lavoratore cita a giudizio il datore di lavoro deducendone la responsabilità per l’infortunio sul lavoro occorso durante l’espletamento delle sue mansioni, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali.

In particolare allega in fatto: – di essere stato dipendente dal 9.12.2015 della società convenuta con qualifica di operaio e mansioni di carpentiere in ferro addetto alla fabbricazione ed all’assemblaggio e saldatura di strutture metalliche, nonché al trasporto di materiali con muletto, inquadrato nel 3° livello del CCNL metalmeccanica piccola media industria; – che in data 8.04.2016 alle ore 10.00 circa, durante il proprio turno di lavoro, mentre era intento a trasportare con il muletto un pacco di lamiere metalliche a causa dello spostamento di tale materiale scendeva dal muletto per sistemare le lamiere che, però, scivolavano colpendo il ricorrente alla testa, il quale, privo di casco protettivo, cadeva rovinosamente in terra; – che veniva trasportato al Pronto Soccorso dell’Ospedale Santa Maria di Terni dove veniva rassegnata la diagnosi di Ematoma subdurale ed extradurale acuto con contusioni emorragiche multiple”; – che l’INAIL ha riconosciuto al ricorrente un periodo di inabilità temporanea assoluta sino al 29.04.2017 e postumi permanenti nella percentuale del 90% erogando un indennizzo in rendita.

Afferma che la causa dell’infortunio deriva da inadempimento agli obblighi di sicurezza del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c., con diritto al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali.

Preliminarmente viene dato atto della utilizzabilità degli atti dell’indagine penale trattandosi di cd. prove atipiche, ossia prove caratterizzate da una diversa modalità di svolgimento rispetto al mezzo di prova tipico, per meglio dire di prove formatesi in altro procedimento giudiziario (penale o civile che sia) nel contraddittorio delle parti in causa, le quali possono legittimamente fare ingresso nel processo civilistico attraverso lo strumento della produzione documentale.

Ai fini dell’ammissibilità di tali atti, si prescinde dalla circostanza che la prova sia stata raccolta in un processo tra le stesse o altre parti tanto che esse – una volta entrate nel novero del materiale probatorio disponibile – possono infatti essere vagliate dal Giudice liberamente e quindi senza che egli sia vincolato dalla valutazione svolta dal Giudice della causa precedente.

Ergo, il Tribunale ha ritenuto di utilizzare tutto il compendio probatorio a sua disposizione, allegato ai fascicoli delle parti in causa.

Ciò posto, la responsabilità per gli infortuni sul lavoro ha natura contrattuale, in quanto essa deriva dall’inadempimento dell’obbligazione di sicurezza del datore di lavoro, che, pur se previsto dalla legge, integra nella sfera degli effetti il contenuto del contratto di lavoro.

Trattasi, nello specifico, di responsabilità che, in relazione alla natura sui generis dell’obbligazione di sicurezza del lavoro, essendo le norme che ne determinano il contenuto dirette alla realizzazione anche di interessi generali, presenta anche aspetti della responsabilità aquiliana.

La norma codicistica citata impone l’obbligo di adottare anche misure diverse da quelle specificamente previste da norme antinfortunistiche e richieste dalle peculiarità del lavoro, tenendo conto altresì del fatto che l ‘esonero da responsabilità civile del datore di lavoro di cui all’art. 10, 1° co, D.P.R. n. 1124 del 1965 è inoperante non solo in tutti i casi in cui siano configurabili nel fatto gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio, nella specie lesioni colpose, ma anche con riferimento alle poste risarcitorie non coperte dalla tutela INAIL.

In particolare, nel caso di omissione di misure di sicurezza la prova liberatoria incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti provati dal lavoratore; viceversa, ove le misure di sicurezza debbano essere ricavate dall’ art. 2087 c.c., la prova liberatoria è generalmente correlata alla quantificazione della misura di diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, quali anche l’assolvimento di puntuali obblighi di comunicazione.

Ciò detto, le lesioni subite dal lavoratore “trauma cranico fratturativo con focolai contusivi emorragici multipli a livello dell’encefalo, ematoma subdurale acuto frontale destro e sinistro ed ematoma intradurale occipitale bilaterale parietale sinistro”, sono pacifiche.

Il ricorrente nuovamente sentito dalla P.G. in data 23.06.2016 riferiva che “Ero al lavoro da solo e sono andato con un muletto piccolo di colore verde a prendere delle lamiere. Le dovevo trasportare dal cortile all’interno del capannone. Le lamiere nel tragitto si sono spostate ed io sono sceso a riaggiustarle. Poi mentre facevo questa operazione, le lamiere mi sono cadute in testa: sono riuscito ad alzarmi e sono andato a riferire dell’incidente. Il datore non mi ha detto nulla ed io sono tornato in officina e lì mi sono sentito male e non ricordo più nulla”.

La ricostruzione della dinamica stride anche con quanto riferito agli investigatori dal genero del ricorrente il quale, sentito in data 19.05.2016, ha dichiarato di aver parlato della dinamica dell’infortunio con il ricorrente il quale ha ricordato di essere caduto dall’alto e precisamente da un muletto nelle adiacenze di una piegatrice e che il muletto era guidato da un’altra persona.

Alla contraddittorietà delle allegazioni in fatto come emergenti dagli atti passati al vaglio si associa poi la non convergenza delle risultanze dell’istruttoria testimoniali circa l’individuazione della “causa” delle lesioni gravi riscontrate nel lavoratore.

Uno dei testi ha riferito: “Il giorno 8.04.2016 alle 10.00 io mi trovavo vicino alla macchinetta del caffè con altri 3 colleghi e stavamo prendendo il caffè, non lontani dalla pressa (una decina di metri) e ho visto il ricorrente accasciarsi in terra all’improvviso, siamo andati tutti a soccorrerlo e ho notato che il ricorrente aveva la bava alla bocca. A quel punto qualcuno, non ricordo chi ha chiamato il 118. Posso riferire che prima della caduta in terra il ricorrente stava lavorando vicino alla pressa, stava stampando delle lamiere, Posso riferire che la mattina durante il cambio vestiti nello spogliatoio alle 6.45 il ricorrente mi disse che la notte non aveva dormito mai perché aveva avuto mal di teste e mal di stomaco. Il ricorrente attribuì il malessere all’aver mangiato la porchetta…(…)……. io non ho mai visto il ricorrente condurre muletti o altri mezzi meccanici.

Tali testi hanno sostanzialmente confermato quanto già riferito durante le indagini penali, vale a dire che il ricorrente la mattina dell’8.04.2016 non aveva né condotto il muletto per lo spostamento all’interno del capannone delle lamiere, né, tantomeno, si trovava in una postazione elevata di lavoro, rispetto al pavimento rischiando così di scivolare, bensì era improvvisamente caduto in terra in posizione supina, dopo aver avvisato il compagno di lavoro, con il quale stava piegando una lamiera alla presso piega, di avvertire una sensazione di vomito necessitando di raggiungere il bagno.

Se nelle dichiarazioni dei testi si rinvengono difformità rispetto a quanto riferito agli investigatori durante le indagini, tali discrepanze non attengono mai al nucleo centrale della dinamica dell’evento, bensì ad elementi accessori che non inficiano l’attendibilità dei testi e la genuinità delle dichiarazioni rese, tenuto conto del rilevante lasso di tempo trascorso rispetto ai fatti per cui è causa e il verosimile appannarsi della memoria rispetto ad alcuni dettagli quali la caduta del ricorrente piuttosto che l’accasciarsi, la posizione del muletto e/o il suo spostamento al sopraggiungere dei soccorsi ad avviso di chi scrive non dirimenti.

Ebbene, l’assenza di qualsiasi riscontro positivo della ricostruzione della dinamica dell’evento così come prospettata dal ricorrente e quindi l’esatta individuazione della “causa” della caduta, rende assolutamente impossibile verificare se l’infortunio dell’8.4.2016 si sia svolto secondo le modalità denunciate dal lavoratore e quindi con imputazione dell’evento lesivo ad un qualche inadempimento datoriale.

Il ricorso viene integralmente rigettato a spese compensate.

Avv. Emanuela Foligno

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