Per il riconoscimento della malattia professionale è necessario che ci sia una esposizione al rischio congrua allo sviluppo della malattia ed una attività lavorativa con movimenti ripetuti nell’arco della giornata lavorativa (Tribunale di Lucca, Sez. Lavoro, Sentenza n. 290/2021 del 25/11/2021 RG n. 385/2020)

La ricorrente chiedeva tramite il Patronato, con due distinte istanze, all’I.N.A.I.L. il riconoscimento di avere contratto le seguenti patologie professionali: “spondilodiscopatie del tratto lombare” e “tendinite del sovra spinoso (o tendinite cuffia rotatori) bilaterale”.

Per quanto attiene alla prima istanza, l’I.N.A.I.L. comunicava la reiezione dell’istanza con lettera 28 maggio 2017 motivata che “la documentazione acquisita è insufficiente per esprimere un giudizio medico-legale”.

Avverso tale atto proponeva opposizione, in seguito al quale veniva disposta visita collegiale espletata in data 6 dicembre 2017 conclusasi con pareri discordanti, con le puntualizzazioni “il medico INAIL conferma il precedente giudizio, il medico del Patronato ritiene che il quadro strumentale e sintomatologico sia ascrivibile alla storia lavorativa”.

La lavoratrice, pertanto, proponeva formale richiesta di precontenzioso da esperire su parere collegiale discorde, a cui non seguiva alcuna risposta da parte dell’ente assicurativo.

Anche la seconda istanza aveva analogo percorso negativo.

Il Tribunale dispone consulenza medico-legale e il CTU ha affermato che “i primi accertamenti strumentali presenti in atti sono stati effettuati a partire dal 2017, ad oltre quattro anni dalla sospensione dell’attività lavorativa e sia quelli afferenti alla colonna lombosacrale che quelli per le spalle hanno dimostrato una patologia osteoartrosica del tutto compatibile con un soggetto di oltre 50 anni; protrusioni discali in soggetto sovrappeso e con scoliosi strumentalmente accertata e tendinopatia di spalla destra e sinistra, maggiormente a sinistra in soggetto destrimane…Pertanto, non appare che l’attività lavorativa svolta dal 1984 al 1986 e dal 2000 al 2012 abbia avuto un ruolo quantomeno concausale nelle patologie denunciate”.

“L’attività lavorativa svolta come colono prima e poi come titolare di azienda agricola non ha provocato movimenti ripetuti e continuativi degli arti superiori e del tronco, necessari per l’insorgenza della malattia, verosimilmente in quanto il lavoro nel corso della giornata e delle stagioni era diversificato …(..)…. l’attività lavorativa svolta nel periodo 1984 -1986 e 2000 -2012, tutelato da INAIL” non è stata idonea a provocare le patologie professionali osteoarticolari lamentate.

In replica alle critiche del CTP di parte ricorrente il Consulente ha puntualizzato “per il riconoscimento della malattia professionale è necessario che ci sia una esposizione al rischio congrua allo sviluppo della malattia ed una attività lavorativa con movimenti ripetuti nell’arco della giornata lavorativa; gli accertamenti strumentali effettuati oltre quattro anni dalla sospensione dell’attività lavorativa hanno dimostrato una patologia osteoartrosica del tutto compatibile con un soggetto di oltre 50 anni; protrusioni discali in soggetto sovrappeso e con scoliosi strumentalmente accertata e tendinopatia di spalla destra e sinistra, maggiormente a sinistra in soggetto destrimane. Si conferma che l’attività lavorativa svolta nel periodo 1984 -1986 e 2000 -2012, tutelato da INAIL non sia stata idonea a provocare le patologie osteoarticolari lamentate”.

Il Tribunale condivide le conclusioni del CTU e rigetta la domanda del lavoratore.

Alla luce della auto-dichiarazione presentata dalla parte unitamente al ricorso introduttivo, ai sensi dell ‘art. 152 disp. att. c.p.c., così come modificato dall’art. 42 co. 11 D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito in L. 24 novembre 2003 , n. 326 , le spese del giudizio vengono interamente compensate tra le parti, mentre le spese di CTU vengono poste a carico dell’Inail.

Avv. Emanuela Foligno

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