Secondo gli Ermellini, per gli interventi di ristrutturazione, con cui si realizzino luci o vedute, la disciplina speciale della cosa comune ex art. 1102 c.c. prevale su quella delle distanze

La Cassazione con la recente ordinanza n. 17002/2018 ha fatto il punto in merito agli interventi di ristrutturazione all’interno del condominio, fornendo delle precisazioni importanti.

Per gli interventi di ristrutturazione con cui si realizzino luci o vedute, la disciplina speciale della cosa comune ex art. 1102 c.c. prevale su quella delle distanze.

La vicenda

Nel caso di specie, un soggetto conveniva in giudizio due proprietari di un immobile confinante con la propria abitazione.

Questi chiedeva in particolare la demolizione o l’adeguamento ai parametri di legge per le opere realizzate dai convenuti in sopraelevazione e aprendo luci, vedute e balconi, senza essersi attenuti alle prescrizioni legali, anche in tema di distanze.

Le due proprietà, inoltre,erano attigue e affacciavano su di una corte comune.

I convenuti si sono costituiti in giudizio e hanno richiesto il rigetto delle domande attoree. Ciò in quanto l’intervento era da ritenersi legittimo poiché qualificabile come opera di ristrutturazione.

Il Tribunale ha condannato i convenuti all’eliminazione delle vedute dirette e dei balconi. Inoltre, in merito agli interventi di ristrutturazione, ha disposto la regolarizzazione delle luci aperte sulla corte comune a fronte di quanto previsto dagli artt. 901 e 902 c.c..

La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, rigettando gli appelli formulati dalle parti.

Non è tutto. L’attore ha impugnato la sentenza del giudice di prime cure per due ragioni.

La prima era il mancato accoglimento della domanda di demolizione o di arretramento della nuova costruzione in sopraelevazione.
La seconda, il mancato pronunciamento sulla richiesta di risarcimento del danno. Dal canto suo, il convenuto aveva, invece, presentato appello incidentale per accertare la conformità delle opere realizzate alle prescrizioni legali.

A questo punto, gli originari convenuti hanno presentato ricorso principale mentre, l’originario attore si è costituito in giudizio promuovendo ricorso incidentale.

Non è tutto.

I ricorrenti hanno sostenuto che i giudici di merito non abbiano correttamente applicato quanto disposto dagli artt. 1102, 905 e 906 c.c..

L’apertura di una finestra o la realizzazione di un balcone su di un immobile di proprietà esclusiva verso un’area di proprietà comune e indivisa fra le parti, costituirebbe un normale esercizio del diritto di proprietà.

Oltre a questo, tali opere sarebbero da ritenersi legittime dal momento che si affacciano su di una corte comune. E questo senza alterare la destinazione d’uso.

Il resistente ha fatto ricorso incidentale sostenendo che gli interventi realizzati hanno comportato un aumento di volumetria. Pertanto, non possono essere ritenuti interventi di ristrutturazione ma costruzioni.

Questo significherebbe la necessità di rispettare le prescrizioni legali e regolamentari in tema di distanze.

Gli Ermellini, a tal proposito, hanno accolto i motivi di ricorso prospettati da entrambe le parti processuali.

In tal senso hanno fatto riferimento all’orientamento secondo cui, qualora le vedute accedano una parte comune, la disciplina generale delle distanze possa applicarsi solo quando risulti compatibile con la disciplina speciale relativa alle cose comuni (ex multis Cass. 30528/2017; 13874/2010; 20200/2005).

Non solo. I giudici di legittimità hanno ritenuto superato il risalente orientamento per cui la qualità comune del bene non esclude il rispetto delle prescrizioni in tema di distanze (in questi termini Cass. 12989/2008).

Un cortile non condominiale è da considerarsi al pari di un cortile condominiale, per i giudici.

E questo in quanto bene comune. Pertanto, eventuali interventi di ristrutturazione come l’apertura di luci e vedute o la realizzazione di balconi sono usufruibili da tutti coloro i quali condividono gli spazi in comune. Ma, precisano i giudici, con la necessità di rispettare quanto previsto dal solo art. 1102 c.c..

Le prescrizioni di cui agli artt. 901-907 c.c. tutelano la riservatezza e la sicurezza dei fondi confinati. Tuttavia, tale garanzia non collide con l’apertura di luci o di vedute. E questo dal momento che una tale modalità di utilizzo non comporta, di norma, alcun pregiudizio in capo agli altri soggetti interessati. E né preclude a questi ultimi il godimento del medesimo bene comune.

Per la Cassazione, dunque, la Corte d’appello ha errato nel ritenere derogabile la normativa sulla vedute nei soli casi in cui i fabbricati siano condominiali o solo se esista una servitù di veduta.

I giudici, a proposito del ricorso incidentale, hanno infine considerato anch’esso fondato e meritevole di accoglimento.

La sentenza è stata quindi rinviata ad altra sezione della Corte d’appello per la decisione nel merito e sulle spese processuali.

 

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