Il valore assoluto dei compensi e dei costi, e il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione ai fini Irap di un professionista

Un contribuente aveva proposto ricorso per cassazione contro la decisione della C.T.R. della Campania che all’esito del giudizio, aveva rigettato l’impugnativa del silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate, concernente il rimborso dei versamenti Irap per gli anni dal 2004 al 2008.

La C.T.R. aveva rilevato che, a fronte delle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sulla elevata entità dei costi connessi all’attività, il contribuente si fosse limitato ad addurre l’ingente volume di affari, mentre dal momento che aveva chiesto il rimborso, avrebbe dovuto dimostrare l’assenza di autonoma organizzazione.

Come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione “in tema di IRAP, l’esercizio dell’attività di promotore finanziario, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è indispensabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

L’onere della prova

A tal proposito, costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Sez. Unite n. 12111/19; n. 8120/2012). Il giudice è quindi tenuto a verificare in concreto l’esistenza o meno di autonoma organizzazione.

Ebbene, nel caso in esame, la C.T.R. aveva ritenuto che il ricorrente non avesse fornito tale dimostrazione, poiché era emersa la prova della sussistenza dell’autonoma organizzazione, deducibile dall’elevata entità dei ricavi e dei costi connessi all’attività.

Ma la Cassazione (ordinanza n. 7652/2020), al riguardo, ha osservato che “Il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero calore ponderale specifico dell’attività esercitata e dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (es. studio professionale, veicolo strumentale, etc.), rappresentando così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo (Cass. n. 23577/2016).

La decisione

Per queste ragioni, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla C.T.R. della Campania perché valuti se il contribuente abbia fornito la prova dell’esistenza di autonoma organizzazione.

Avv. Sabrina Caporale

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