La liquidazione equitativa del danno

0
liquidazione-equitativa-del-danno

I Giudici di appello confermano l’impossibilità di procedere a liquidazione equitativa che aveva come presupposto l’impossibilità o la particolare difficoltà di provare il danno ovvero la pretesa nel suo preciso ammontare.

I fatti

La vicenda trova protagonista la Telecom che concludeva un contratto “master dealer”, in base al quale si era impegnata a intraprendere una collaborazione commerciale con erogazione di servizi e vendita di prodotti di telefonia mobile per conto della TIM stessa, a fronte della fornitura di materiale necessario per l’espletamento dell’attività. Il rapporto contrattuale procedeva sino al dicembre 2007, quando la controparte comunicava il proprio recesso.

Ai sensi del detto contratto, ognuna delle parti era libera di recedere, ma con obbligo di preavviso, preavviso variabile in relazione a quella del rapporto negoziale e con il limite massimo di sei mesi, con obbligo di versare altrimenti un indennizzo calcolato sulla base dei compensi mensili maturati negli ultimi tre anni della relazione negoziale ovvero, in caso di durata inferiore, dall’inizio del rapporto. Quindi, la controparte cita in giudizio Telecom (poi TIM) per ottenerne la condanna al pagamento dell’indennizzo.

Il Tribunale rigetta la domanda perché considera che la pattuizione inerente l’indennizzo è sostanzialmente diversa dalla clausola penale, o dalla mula penitenziale, ergo l’indennizzo è dovuto solo in caso di pregiudizio arrecato alla controparte, nell’ipotesi assente.

La Corte di appello è di diverso avviso e, in base alla ragione più liquida, constatava la portata dirimente della seconda ratio decidendi fatta propria dal Tribunale, relativa all’impossibilità di determinare correttamente l’indennizzo per la mancanza della documentazione contabile relativa all’annualità compresa tra novembre 2004 e novembre 2005. I Giudici di appello confermano, inoltre, l’impossibilità di procedere a liquidazione equitativa che aveva come presupposto l’impossibilità o la particolare difficoltà di provare il danno ovvero la pretesa nel suo preciso ammontare.

Il vaglio di accoglimento della Corte di Cassazione

La Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’indennizzo poteva quantificarsi comunque rispetto al fatturato di due anni, non essendo comprensibile il riferimento, contenuto nella sentenza gravata, alla circostanza che avrebbero potuto esservi fatture negative ovvero note di credito incisive riguardo al computo da diminuire così in modo non altrimenti determinabile, fermo rimanendo che, semmai, la mancata dimostrazione dei compensi relativi all’anno mancante avrebbe, in tesi, potuto portare solo a un conteggio di compensi pari a zero e non, pertanto, al rigetto della domanda.

Quanto censurato è fondato (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 2 febbraio 2025, n. 2478).

Affinché il Giudice di appello possa procedere all’autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell’art. 76 disp. att. cod. proc. civ., semmai… sulla base dell’ordine in tal senso imposto dal giudice all’atto del ritiro effettuato avvalendosi della facoltà di cui agli artt. 169 cod. proc. civ. e 77 disp. att. cod. proc. civ..”

Il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova

Il Giudice di appello può inoltre porre a fondamento della propria decisione il documento prodotto in formato cartaceo (non rinvenibile nei fascicoli di parte) apprezzandone il contenuto che sia trascritto o indicato nella decisione impugnata, o in altro provvedimento o atto del processo.

Detto in altri termini,il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova”, operante anche per i documenti – prodotti sia con modalità telematiche che in formato cartaceo –, comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il Giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, né può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che li abbia inizialmente offerti in comunicazione”.

Non è corretta, quindi, l’affermazione della Corte di appello riguardo all’impossibilità di ordinare la produzione di documenti acquisiti in prime cure, che non risultino peraltro ritirati, e di cui la parte stia dunque chiedendo di avvalersi, ritenendolo limitato all’ipotesi d’impugnazione di sentenze parziali, altrimenti dovendo ritenersi sussistere, in quella prospettiva, una volontà di rinuncia della stessa parte interessata. Ad ogni modo, deve trattarsi di documenti, come detto, ritualmente acquisiti, e in questa sede, allora, parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrare tale acquisizione, ovvero la presenza della documentazione contabile o fiscale di cui si tratta, corrispondente, per quanto allegato, alle fatture 2004-2005. Ciò non è avvenuto con la sola affermazione generica contenuta a pag. 4 (2 capoverso) del ricorso, senza neppure la specificazione del contenuto dell’asserita documentazione.

La liquidazione equitativa del danno

Ciò chiarito, la prima censura è in parte fondata. I Giudici di appello, contraddicendosi, hanno negato ogni fondamento della domanda attorea pur avendo a disposizione la documentazione di due dei tre anni previsti dalla pattuizione contrattuale, senza spiegare perché, nella stessa logica, nell’effettuare la quantificazione relativa al triennio non avrebbero potuto computarsi come pari a zero i compensi dell’anno mancante; e a nulla rileva l’astratta congettura dell’esistenza di note di credito (fatture negative), poiché avrebbe dovuto essere la parte convenuta ad allegar, prima che dimostrare, un tale fatto logicamente modificativo ovvero impeditivo.

Difatti, la Corte di appello ha risolto la decisione sulla natura della clausola contrattuale relativa all’indennizzo non ritenendo raggiunta la prova necessaria ad applicarla come richiesto dall’attrice, come sopra si è appena visto, senza alcun motivo reputando (erroneamente) che la carenza di ricostruzione di un anno rendesse irrilevante quanto avvenuto negli altri due.

La sentenza viene cassata per quanto detto, con rinvio.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui