È mancante una norma che prevede esplicitamente la applicazione alla pensione anticipata d’invalidità del regime delle c.d. finestre mobili e la Cassazione statuisce che la pensione di vecchiaia anticipata per invalidità soggiace alla generale previsione dell’aumento dell’età pensionabile (Corte di Cassazione, IV – Lavoro civile, 8 novembre 2024, n. 28819).
La questione
Il Tribunale di Pavia ha accolto la domanda di accertamento del diritto ad accedere alla pensione anticipata di vecchiaia a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla maturazione del requisito, ai sensi dell’art. 1 comma 8 del D.Lgs. n. 503 del 1992 senza la dilazione della finestra annuale di cui all’art. 12 comma 1 del D.L. n. 78 del 2010.
In secondo grado la Corte di Milano ha confermato tale decisione richiamando precedenti di merito coi quali si era affermato che, mancando nel sistema una norma che prevede l’espressa applicazione alla pensione anticipata d’invalidità del regime delle c.d. finestre mobili, il legislatore ha inteso conservare ai soggetti particolarmente svantaggiati il regime più favorevole, e ha confermato la condanna dell’Inps al versamento delle 12 mensilità.
L’INPS ricorre per la cassazione della sentenza.
Sostiene che la normativa nel richiamare le pensioni di vecchiaia e fissare, rispetto ad esse, le relative “finestre” di pensionamento, non distingue le pensioni anticipate, mentre il riferimento delle finestre alle regole proprie degli “specifici ordinamenti” dovrebbe essere inteso come inerente anche al regime della pensione anticipata per gli invalidi.
La censura è fondata e la Suprema Corte accoglie il ricorso.
L’intervento della Cassazione
Viene data continuità a quanto già affermato in precedenti di legittimità, ovverosia che la pensione di vecchiaia anticipata per invalidità soggiace alla generale previsione dell’aumento dell’età pensionabile in dipendenza dell’incremento della speranza di vita di cui al D.L. n. 78 del 2009, art. 22-ter, comma 2, conv. dalla L. n. 102 del 2009, perché la sussistenza dello stato di invalidità costituisce solo la condizione in presenza della quale è possibile acquisire il diritto al trattamento di vecchiaia sulla base del requisito di età vigente prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 503 del 1992, senza tuttavia comportare uno snaturamento della prestazione, che rimane pur sempre un trattamento diretto di vecchiaia, ontologicamente diverso dai trattamenti diretti di invalidità (in tal senso vengono richiamate Cass. n. 31001 del 2019; Cass. n. 26414 e n. 28078 del 2020 e da ultimo Cass. n. 16591 del 2022 e Cass. n. 21657 del 2024).
In conclusione, il ricorso viene accolto e la sentenza impugnata viene cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno