Ancora una volta la Suprema Corte, pronunziandosi sulla responsabilità per custodia delle strade da parte dell’Ente Locale, ribadisce che per la configurazione del caso fortuito che esime l’Ente custode da responsabilità è necessario verificare caso per caso la prevedibilità dei fattori ipoteticamente pericolosi che hanno cagionato il danno

La vicenda che approda in Cassazione riguarda l’infortunio subito da un uomo per una caduta dal motoveicolo causata dalla presenza di cera sul manto stradale.

Il danneggiato cita in giudizio il Comune onde ottenere la declaratoria di responsabilità e il conseguente obbligo risarcitorio.

In giudizio si accertava che un paio d’ore prima del sinistro sulla strada si teneva una processione religiosa. Il Tribunale di prime cure, e successivamente la Corte d’Appello rigettavano la domanda risarcitoria dell’uomo svolta nei confronti del Comune ex art. 2051 c.c.

La vicenda approda quindi in Cassazione per violazione e falsa applicazione della responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c.

I Giudici di merito respingevano qualsivoglia responsabilità in capo al Comune per caso fortuito.

Considerata la particolarità dell’episodio i Giudici territoriali, dopo avere accertato che la causa dell’incidente era la presenza della cera sull’asfalto, analizzavano la prossimità temporale tra la processione e l’evento sinistroso.

Il lasso di tempo intercorso tra la processione e il sinistro era di circa due ore. Tale spazio temporale risultava troppo limitato, secondo i Giudici di merito, per pretendere che il Comune venisse a conoscenza della presenza di materiale scivoloso sulla carreggiata e provvedesse a ripristinarla, ovvero a metterla in sicurezza.

Così ragionando i Giudici territoriali, richiamando un precedente della Suprema Corte (6101/2013), osservavano che il danno si verificava prima che fosse ragionevolmente pretendibile da parte del Comune l’intervento di bonifica della strada e sentenziavano, pertanto, interrotto il nesso casuale con conseguente esclusione di responsabilità in capo al Comune.

Gli Ermellini, invece, non ritengono corretta l’interpretazione dei Giudici di merito e censurano la parte motivazionale poiché non è stato tenuto in considerazione un elemento imprescindibile di valutazione del caso fortuito ovverosia il giudizio di imprevedibilità ex ante dell’evento che ha generato la pericolosità da cui è derivato il danno.

Difatti, proseguono gli Ermellini, dalle motivazioni della Corte territoriale emerge il carattere abituale della processione religiosa e, quindi, per ritenere perfezionato o non, il caso fortuito bisognava indagare se, a prescindere dal tempo necessario per la conoscibilità ex post del fattore pericoloso e per il relativo ripristino, rientri nell’ambito del prevedibile rischio connesso al rituale della processione la dispersione di cera sul suolo considerato l’uso di fiaccole e candele da parte dei fedeli.

La presenza di un rischio prevedibile non può assurgere a caso fortuito, che deve, invece, essere ricercato in quegli eventuali fattori che abbiano impedito al custode finanche la segnalazione del particolare stato della cosa.

Gli Ermellini puntualizzano che al concetto di conoscibilità deve ricondursi non solo la possibilità di avvedersi ex post della situazione di pericolo creata da un determinato fattore, ma anche la prevedibilità ex ante della sua verificazione.

Conseguentemente se una situazione che rende la cosa in custodia pericolosa (sversamento di cera che rende scivoloso l’asfalto) è prevedibile non rileva il tempo necessario perché il custode provveda a rimetterla in sicurezza.

Il rinvio al giudice di merito

I Supremi Giudici (Sez. VI-3, Ordinanza N. 1725 del 23 gennaio 2019 ) rinviano alla Corte d’Appello in diversa composizione affinché si valuti secondo i parametri indicati la prevedibilità del danno in esame.

Questa Ordinanza non si discosta da Cass. Civ., N. 2477/2018 che chiariva: “tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente, ovvero tutto ciò che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa e elidendone l’efficacia condizionante”.

Avv. Emanuela Foligno

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