Con sentenza del 07/02/2023, la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del 01/03/2022, con cui il Tribunale di Lucca aveva affermato la penale responsabilità dell’automobilista per guida in stato di ebbrezza e in stato di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti, aggravate dall’aver causato un sinistro stradale.
La decisione di Appello viene impugnata
L’automobilista lamenta che, nella decisione della Corte territoriale, l’affermazione della penale responsabilità sarebbe stata illegittimamente basata, oltre che sul fatto che costui era l’unico individuo trasportato in ospedale per le cure rese necessarie dal sinistro, anche sul contenuto delle dichiarazioni, di tenore confessorio, dallo stesso rese nell’immediato, contraddittoriamente ritenute utilizzabili, posto che il verbale in cui risultavano trasfuse non è incluso nel novero degli atti irripetibili ex art. 431 c.p.p. e che il giudizio di primo grado era stato definito con rito ordinario.
Il giudizio di Cassazione
Rileva il Collegio che sussiste effettivamente il denunziato vizio di inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, avendo la Corte territoriale posto a fondamento della pronunzia di conferma della sentenza di condanna di primo grado anche le dichiarazioni di tenore autoaccusatorio rese dall’imputato nell’immediatezza dei fatti.
Tuttavia, tale vizio non intacca le argomentazioni della Corte territoriale. Difatti, con percorso motivazionale lineare, logico e tutt’altro che contraddittorio, hanno basato la conferma della pregressa decisione di condanna anche su elementi ulteriori, quali, in specie, i rilievi effettuati dal personale di Polizia sul luogo del sinistro automobilistico, l’avvenuto trasferimento in ospedale, per le cure necessarie, di un solo individuo, identificato nell’imputato e i test indicativi della previa assunzione, da parte sua, di sostanze alcooliche e stupefacenti, utilizzando le menzionate dichiarazioni confessorie come riscontro.
Anche nel giudizio di legittimità deve essere esperita la cd. prova di resistenza secondo cui “Allorché con il ricorso per cassazione si lamenti l’illegale assunzione di una prova, è consentito procedere in sede di legittimità alla cd. “prova di resistenza”, e cioè valutare se gli elementi di prova acquisiti illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito, mediante il controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta di una certa soluzione sarebbe stata la stessa senza l’utilizzazione di quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute sufficienti”.
Risultando, dunque insussistenti i vizi denunziati il ricorso viene rigettato con condanna alle spese (Cassazione penale, sez. IV, dep. 20/12/2023, n.50817).
Avv. Emanuela Foligno