Condannati il comandante del motopeschereccio e il responsabile di cantiere a pagare all’INAIL oltre 180.000 euro come rimborso della prestazione dovuta al coniuge superstite del lavoratore deceduto. La Cassazione conferma la sentenza (Cassazione civile, sez. lav., dep. 27/12/2023, n.36051).
La vicenda
Con sentenza del 25/7/2016 la Corte d’Appello di Palermo confermava la sentenza di primo grado del Tribunale di Agrigento del 2014 che condannava il comandante di un motopeschereccio (per omessa vigilanza) e il responsabile del cantiere navale (per omessa adozione di misure protettive), a pagare all’INAIL 184.055 euro per rimborso prestazione pagata al coniuge superstite di lavoratore deceduto per essere caduto dal motopeschereccio tirato a secco, su cui eseguiva lavori di manutenzione. Il titolare del cantiere navale impugna la decisione in Cassazione.
La decisione della Suprema Corte
Principalmente gli Ermellini sottolineano che l’azione di regresso svolta dall’INAIL non riguarda solo il rapporto assicurativo, ma può essere attuata anche per la violazione dell’obbligo di sicurezza. Ciò significa che l’INAIL può esercitare il regresso anche nei confronti di soggetti che non rivestono la qualità di datore di lavoro, proprio perché su questi soggetti incombe l’obbligo di tutelare l’incolumità dei lavoratori che inseriscono nella propria organizzazione produttiva. In tal senso vedasi Cass. 8136/2008 secondo cui la responsabilità si estende a soggetti diversi dal datore di lavoro a prescindere dal titolo contrattuale e dalla tipologia lavorativa che li lega.
In altri termini, l’azione di rivalsa dell’INAIL nei confronti dei soggetti civilmente responsabili riguarda anche soggetti corresponsabili dell’infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione, o di meri addetti all’attività lavorativa. Questo perché, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la possibile affermazione della loro responsabilità solidale, atteso che l’art. 2055 c.c., consente la diversità dei rispettivi titoli di responsabilità.
Le responsabilità del titolare del cantiere
Ne risulta che i Giudici di merito hanno correttamente applicato i principi della materia affermando la responsabilità del titolare del cantiere ove si svolgeva l’attività di manutenzione della barca. La suddetta responsabilità sorge principalmente dalla titolarità di obblighi di organizzazione e di vigilanza antinfortunistici permanenti e, per altro verso, per avere lasciato a disposizione del lavoratore uno strumento di lavoro pericoloso (la scala da cui la vittima precipitava).
La affermata responsabilità del titolare del cantiere non è basata “sulla proprietà” della scala utilizzata dal lavoratore infortunato, ma sulla circostanza di avere lasciato nel cantiere una scala non conforme alle disposizioni antinfortunistiche.
La Suprema Corte rigetta integralmente il ricorso.
Avv. Emanuela Foligno