Malattia professionale, danno differenziale e prescrizione

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La società datrice di lavoro è stata condannata al risarcimento del danno differenziale in favore del dipendente in quanto la prescrizione decorre dalla denuncia di malattia professionale fatta all’INAIL.

La vicenda

La Corte di Appello ha escluso che fosse maturata la prescrizione eccepita dalla società, individuando quale dies a quo della denuncia di malattia professionale fatta all’Inail dal lavoratore il 13/1/2009, oppure la lettera del 16/12/2008 con cui il medesimo aveva manifestato di essere a conoscenza della nocività delle lavorazioni svolte.

Infatti i Giudici hanno ritenuto che le prove raccolte dimostravano l’esposizione del lavoratore a rischi per la salute, in assenza della adozione delle necessarie misure di prevenzione, tra cui l’avvicendamento dei dipendenti, la sottoposizione a sorveglianza sanitaria, l’adeguata formazione e informazione, e la valutazione dei rischi connessi all’attività di palificazione/elettrificazione.

Quindi la Corte di Cassazione sancisce la correttezza della decisione di merito (Cassazione civile, sez. lav., 15/05/2024, n.13505)

L’assetto della giurisprudenza, sia in tema di danno extracontrattuale, sia in materia di malattia professionale, ha reso pacifico che la prescrizione decorre non dal giorno in cui il terzo abbia determinato la modificazione causativa del danno, o dal momento in cui la malattia si sia manifestata all’esterno, bensì da quello in cui essa venga percepita o possa essere percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.

A tale indirizzo si è correttamente attenuta la Corte di Appello.

I Giudici di Appello hanno ritenuto applicabili le disposizioni del d.P.R. n. 303/1956 e del D.Lgs. n. 626/1994 sull’obbligo di sorveglianza sanitaria, in base agli accertamenti eseguiti e alle prove raccolte sul concreto contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore.

Difatti, una volta accertata l’attività in concreto espletata dal dipendente ed il nesso causale con le patologie riscontrate, i Giudici hanno posto la concreta fattispecie in relazione con la disciplina antiinfortunistica rilevando una serie di violazioni al dovere di sicurezza gravante ex art. 2087 c.c. sulla parte datoriale. Nei termini in cui sono formulate, le censure mirano a contrastare il nesso di causalità tra la mancata adozione delle misure di prevenzione e l’insorgere della patologia accertata, ma in tal modo esprimono un mero dissenso valutativo rispetto alle conclusioni a cui è giunta la Corte di merito e, in quanto tali, sono inidonee a sollecitare il sindacato di legittimità.

Avv. Emanuela Foligno

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