La decisione a commento ha a oggetto un sinistro stradale mortale avvenuto il 22/9/2009 e la non corretta applicazione delle Tabelle milanesi nella liquidazione del danno non patrimoniale a sorelle e nonna della vittima (Cassazione Civile, sez. III, 15/02/2024, n.4166).
La vicenda giudiziaria
I congiunti della vittima propongono ricorso per Cassazione avverso la sentenza n. 199/2020 del 22 gennaio 2020, con cui la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano n. 10886/17, di poco aumentava gli importi del danno dovuto a titolo di perdita del rapporto parentale, al cui pagamento veniva condannato l’U.C.I. – Ufficio Centrale Italiano.
Per completezza espositiva si evidenzia che i responsabili stranieri di un sinistro stradale causato in Italia da un veicolo con targa estera sono domiciliati ex lege presso l’Ufficio Centrale italiano (UCI).
La non corretta applicazione delle tabelle milanesi
Ciò chiarito, in Cassazione i congiunti denunciano i criteri utilizzati per determinare il risarcimento del danno parentale da morte in favore delle danneggiate T.A. e T.L. (sorelle di genitori diversi della vittima deceduta). Deducono che le tabelle milanesi assumono rilievo, ai sensi dell’art. 1226 c.c., come parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona, per cui ne consegue che la loro erronea applicazione dà luogo ad una violazione di legge, censurabile in Cassazione. Nello specifico la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto dell’età della vittima e delle due sorelle superstiti, nonché del fatto che, sebbene figlie di genitori diversi, avessero una frequentazione assidua, assimilabile alla convivenza, dato che abitavano vicine.
Sempre secondo la tesi dei ricorrenti, i Giudici di Appello, pur a conoscenza del fatto che all’interno delle tabelle milanesi, alla voce risarcimento per la perdita di un fratello o di una sorella, non è prevista una differenza tra sorelle germane e sorelle unilaterali, hanno quantificato il danno non patrimoniale da riconoscere in favore di T.A. e T.L., nella misura di 23.740,00 euro ciascuna, con motivazione tautologica, palesemente irrazionale e contraddittoria.
Le censure sono fondate.
La Corte di Appello ha liquidato alle due sorelle superstiti il danno nella misura del minimo tabellare (riformando la sentenza di primo grado, che aveva liquidato addirittura al di sotto del minimo), affermando “oltre il quale, prudenzialmente, non si ritiene di pervenire, trattandosi di una relazione di parentela, seppure leggermente, attenuata dal fatto di non essere sorelle germane”.
Così facendo, è stata applicato il minimo della “forbice” per il solo fatto che le sorelle superstiti alla vittima del sinistro fossero sorelle unilaterali e non germane.
In altri termini, ogni volta che ci sarebbe una sorella unilaterale le spetterebbe il minimo tabellare, con totale omessa considerazione delle circostanze del caso concreto. Non è corretto che la posizione di sorelle unilaterali debba essere trattata in maniera deteriore rispetto alle sorelle germane.
La liquidazione del danno parentale in favore della nonna
Egualmente non corretta la liquidazione del danno parentale in favore della nonna della vittima. I Giudici di Appello, pur in riforma della sentenza di primo grado che l’aveva invece esclusa, dopo aver richiamato la giurisprudenza secondo cui “il rapporto tra nonno/a-nipote è suscettibile di essere preso in considerazione in sede di risarcimento del danno“, riconosce tale voce di danno sulla base della seguente motivazione: “tenuto conto dello specifico grado di parentela e, in particolare, che sotto un profilo “genealogico” ogni persona ha, quantomeno ab origine, quattro nonni”, per cui “appare adeguato determinare in un quarto di quanto come sopra riconosciuto al padre…”.
Tale motivazione è apodittica ed astratta, non tiene e non dà conto delle circostanze del caso concreto e, in maniera anche contraddittoria, dopo aver riportato le risultanze dell’espletata istruttoria testimoniale circa la convivenza della vittima con la nonna nel periodo in cui è avvenuto il sinistro, finisce per omettere il giudizio sul fatto e perviene a determinare il quantum risarcitorio sulla base di una sorta di criterio (infondato) “matematico-proporzionale” di ripartizione di quote.
In conclusione, la Suprema Corte accoglie il ricorso in relazione a quanto sopra e la sentenza viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, per nuovo esame, in applicazione dei suindicati principi.
Avv. Emanuela Foligno