Morso di un cane, lesioni e responsabilità

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La Cassazione è chiamata ad esprimersi sulle responsabilità ex art- 2052 c.c. per le lesioni subite a causa di un morso di un cane (Cassazione Civile, sez. III, 05/02/2024, n.3236).

I fatti

Il 24 aprile 2009 presso la scuola media, la danneggiata, all’epoca tredicenne, è stata azzannata da un cane di colore bianco e beige, che era uscito dal portone di casa. La proprietaria dell’animale, dopo essere subito scesa in strada, aveva fatto rientrare il cane nel portone, che aveva richiuso senza curarsi dell’accaduto, mentre la ragazzina si recava al pronto soccorso dove le veniva diagnosticata una ferita lacero contusa alla gamba sinistra”.

La vicenda giudiziaria

Il Tribunale di Salerno accoglie della domanda risarcitoria proposta dalla danneggiata per le lesioni subite a causa del morso del cane, previo accertamento della responsabilità della proprietaria dell’animale ex art. 2052 c.c., e condanna quest’ultima al pagamento della somma di 8.224,61 euro, oltre spese processuali e di C.T.U.

La Corte di Appello di Salerno rigetta l’impugnazione proposta dalla proprietaria del cane e conferma la sentenza n. 4281/2018 del Tribunale di Salerno.

Il giudizio di Cassazione

La proprietaria del cane ricorre in Cassazione deducendo, per quanto qui di interesse, omessa e illogica decisione della Corte d’Appello nella parte in cui ha considerato attendibili le dichiarazioni rese dallo zio della minore e da altro teste, residente in un diverso Comune e che si trovava a passare per puro caso nei pressi della scuola al momento del fatto, nonché nella parte in cui non ha considerato che, nel territorio comunale, all’epoca del fatto, erano presenti molti cani randagi e nessun teste aveva identificato il proprietario del cane.

Il primo motivo è inammissibile perché investe valutazioni rimesse esclusivamente al sindacato del Giudice di merito.

Anche la doglianza inerente la mancata identificazione del proprietario del cane, strettamente connesso al primo, è inammissibile. Non solo la ricorrente invoca la disamina di vizi motivazionali, ormai preclusi in sede di legittimità a far tempo dalla novella del 2012 del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ma censura valutazioni rimesse esclusivamente al sindacato del Giudice di merito, il quale, in base ad elementi chiari ed idoneamente indicati, è pervenuto alla relativa conclusione.

La liquidazione del danno

Per quanto concerne la liquidazione del danno, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che anche in Cassazione ripropone il contenuto della doglianza formulata in sede di atto di appello senza confrontarsi con la risposta ad essa data nella sentenza impugnata, la Corte di Appello non è incorsa nella contestata violazione, in quanto ha spiegato che, in sede di precisazione delle conclusioni, all’udienza del 24 maggio 2018, il difensore della danneggiata aveva concluso per l’accoglimento della domanda, quantificando i danni nella misura percentuale di danno permanente indicata dal CTU.

Per tutte le ragioni indicate il ricorso viene rigettato e la donna viene condannata alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, al pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

Avv. Emanuela Foligno

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