Per la Corte di Cassazione la condotta è chiaramente riconducibile all’art. 674 del codice penale, in quanto idonea a ‘cagionare imbrattamento e molestia alle persone offese’.

Chi lancia uova durante un comizio elettorale commette un reato. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44187 del 19 settembre 2016, pronunciandosi sul ricorso di un uomo che era stato condannato dal Tribunale di Bologna, per ‘gettito pericoloso di cose’, fattispecie prevista dall’articolo 674 del codice penale.

L’imputato, in particolare, aveva gettato delle uova contro il palco dove alcuni politici stavano tenendo un incontro elettorale, colpendo il mezzo di trasporto utilizzato come palco.

Nel ricorrere alla suprema Corte l’uomo aveva evidenziato la mancanza di motivazione della sentenza di condanna; il giudice, infatti, si sarebbe richiamato unicamente alla testimonianza di un commissario, senza far alcun riferimento “al suo contenuto e alla descrizione della condotta tenuta dall’imputato stesso”.

Inoltre l’imputato aveva evidenziato come la sua condotta non poteva integrare il reato previsto dall’articolo 674 c.p. in quanto il lancio delle uova era diretto a cose e non a persone, tanto che ad essere colpito era stato solamente il veicolo e non le persone presenti su di esso.

Infine, secondo il ricorrente, non ci sarebbero state prove decisive circa la “circostanza dell’idoneità ad imbrattare o molestare del materiale che si assume come gettato all’indirizzo della persona offesa”, dal momento che non erano state sentite le persone offese “in merito alle molestie ricevute in ordine ad una asserita condotta penalmente rilevante”.

I giudici della Corte di Cassazione, tuttavia, hanno ritenuto infondato il ricorso, rigettando l’impugnazione. Secondo gli Ermellini, infatti, la sentenza di condanna del Tribunale illustrava adeguatamente i presupposti decisionali del giudice; nella pronuncia, infatti, era specificato che la testimonianza del commissario aveva “confermato il fatto così come descritto nell’imputazione” e ne aveva indicato l’imputato come corresponsabile.

Gli Ermellini, inoltre, rilevavano come la condotta descritta nel capo di imputazione, fosse “chiaramente riconducibile all’art. 674 c.p., essendo concretamente idonea a cagionare imbrattamento e molestia alle persone offese”.

Quanto al terzo punto alla base del ricorso proposto dall’imputato, la Suprema Corte ha evidenziato che “per ricondurre una condotta di lancio in luogo pubblico di oggetti in direzione di persone alla fattispecie di cui all’art. 674 c.p. non occorre sentire le persone stesse per determinare se la condotta sia penalmente rilevante, essendo questa una valutazione oggettiva, non certo deferita alla persona offesa”.

 

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