Nel caso esaminato dalla Cassazione, il ricorrente assumeva che l’acquisto dei lastrici solari da parte sua nel 1996 avrebbe interrotto il possesso esercitato dagli attori

Avevano agito in giudizio per l’accertamento della proprietà esclusiva dei lastrici solari di copertura di alcuni fabbricati minori di un edificio. I due attori assumevano di averli acquistati a titolo di successione mortis causa e, comunque, di averli posseduti per il tempo sufficiente ad usucapire. Il Tribunale aveva accolto la domanda e la Corte di appello, rigettando il ricorso della controparte, che adduceva di essere proprietaria esclusiva dei lastrici, aveva confermato la decisione, ritenendo provato l’acquisto dei beni a titolo originario, dopo aver escluso la proprietà per titoli.

Il convenuto decideva quindi di ricorrere per cassazione contestando la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi dell’usucapione. Assumeva, nell’ordine, che l’acquisto dei lastrici solari da parte sua nel 1996 avrebbe interrotto il possesso esercitato dagli attori; che, essendo i lastrici solari oggetto di proprietà comune a tutti i condomini, ai sensi dell’art. 1117 c.c., gli attori avrebbero dovuto dimostrare di aver posseduto escludendo gli altri comproprietari; che, infine, la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare il vincolo pertinenziale esistente tra i lastrici solari e gli appartamenti.

Per la Suprema Corte, che si è pronunciata sul caso con l’ordinanza n. 9380/2020 il ricorso è fondato.

La Corte d’appello, dopo aver escluso che i lastrici solari appartenessero per titoli contrattuali ad una delle parti, aveva accolto la domanda di usucapione senza avere previamente accertato la natura condominiale o non degli immobili in contestazione, laddove il lastrico solare era compreso nel catalogo delle parti comuni del fabbricato, ai sensi dell’art. 1117 c.c., con conseguente presunzione di condominialità.

La Cassazione, sulla base della giurisprudenza di legittimità, ha quindi specificato che il condomino che deduce di avere usucapito la cosa comune deve provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione, e cioè deve dimostrare una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituita da atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l’intenzione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà.

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