Una recente pronuncia della Corte di Cassazione fa il punto in merito ai latrati continui dei cani e alla possibilità di sanzioni e condanne penali

Siete costretti ad ascoltare latrati continui dei cani dei vostri vicini? C’è un modo per tutelarvi, come illustrato nella sentenza numero 38901/2018 della Corte di Cassazione.

Secondo gli Ermellini, infatti, i latrati continui dei cani possono giustificare la condanna penale e l’applicazione dell’ammenda prevista dall’art. 659 c.p.

Se i cani dei nostri vicini abbaiano per tutta la notte, impedendo il nostro riposo, i proprietari rischiano. Eccome.

La vicenda

Nel caso di specie, la Cassazione ha infatti confermato la condanna a 300 euro di ammenda per alcuni proprietari di alcuni cani.

Nella stessa pronuncia, la Corte ha anche rammentato che il superamento della soglia della normale tollerabilità non va valutato necessariamente con una perizia o una consulenza tecnica. Difatti, il giudice può formulare il proprio convincimento in merito a un fenomeno accusato di disturbare la pubblica quiete fondandosi su elementi probatori di diversa natura.

Tra questi figurano “le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo, ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto”.

In particolare, il bene tutelato dall’articolo 659 del codice penale è la quiete pubblica.

Un bene che, di per sé, implica l’assenza di disturbo dei consociati, come avvenuto nel caso di specie con i latrati continui dei cani.

Affinché tale reato possa dirsi configurato è necessario che il disagio cagionato dai rumori sia tale da essere risentito dalla collettività.

Con tale termine, si intende”il novero dei soggetti che si trovino nell’ambiente o, comunque, in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica”.

 

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