“Il decesso non può ricondursi ad un comportamento colposo del personale sanitario, ma a complicanze note in relazione all’intervento, prevedibili, ma non prevenibili”

E’ quanto si legge una C.T.U. medico legale. Quale incidenza assumono in materia di responsabilità medica le complicanze “note”, relative ad un intervento?

La vicenda

I familiari di un uomo ricoverato presso il Policlinico di Milano chiamano in causa la struttura sanitaria onde vedere riconosciuto il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale causato dalla morte del paziente a seguito di un intervento di valvuloplastica mitrale.
Il Tribunale di Milano, espletata la C.T.U., respinge in toto le richieste di risarcimento avanzate dai familiari e tale decisione viene confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Milano.
In particolare la Corte territoriale condivide integralmente le conclusioni della C.T.U. secondo cui “il decesso non può ricondursi ad un comportamento colposo del personale sanitario, ma a complicanze note in relazione all’intervento, prevedibili, ma non prevenibili, quali embolia polmonare, anuria, infarto intestinale, shock settico“, con esclusione della sussistenza di “comportamenti imperiti o negligenti da parte dei sanitari, nè negli accertamenti pre-operatori, nè nel trattamento chirurgico, nè nella gestione del paziente dopo l’intervento”.
Entrambi i gradi di giudizio escludono, quindi, negligenza o imperizia da parte dei sanitari in tutte le fasi della degenza.

I familiari del paziente deceduto ricorrono in Cassazione con otto motivi di impugnazione.

Col primo motivo viene ritenuto che i Giudici milanesi ingiustamente avrebbero addossato al paziente la prova del nesso causale e che in secondo grado, non veniva motivato per quale ragione sarebbe conforme al diritto in materia l’avere onerato il danneggiato della prova certa dell’inadempimento qualificato.
Gli Ermellini ritengono tale motivo privo di interesse considerato che la decisione impugnata non ha “la sua ratio fondante nell’individuazione della spettanza dell’onere probatorio in punto di nesso causale, ma esclude – a monte – che vi sia stato un qualche inadempimento da parte dei sanitari del Policlinico, negando il presupposto stesso della responsabilità contrattuale della struttura, senza necessità – quindi – di affrontare il profilo del nesso causale fra la condotta sanitaria e il decesso… “
Oltre a ciò, sul punto, gli Ermellini ribadiscono che l’orientamento ormai consolidato ha chiarito che anche in ambito di responsabilità professionale sanitaria, il danneggiato è sollevato dall’onere di dover provare la colpa del sanitario, ma non è sollevato dall’onere di provare il nesso di causa tra la condotta del sanitario e il danno di cui invoca il risarcimento.

Col secondo motivo i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale avrebbe errato nel non applicare il principio di non contestazione.

Gli Ermellini ritengono il motivo infondato in quanto la Corte territoriale ha evidenziato la presa di posizione della struttura sanitaria su tutte le circostanze dedotte dai familiari del paziente.
Il terzo e il quarto motivo di impugnazione lamentano l’esclusione di responsabilità della struttura Sanitaria nella fase preoperatoria e nella fase post operatoria.
Entrambi i motivi vengono ritenuti inammissibili in quanto presentati in maniera generica e senza l’individuazione di specifici errori di diritto e appaiono finalizzati a sollecitare  una inammissibile nuova e diversa lettura della vicenda, allo scopo di conseguire un apprezzamento di merito funzionale all’affermazione della responsabilità del Policlinico, in relazione alle varie fasi (preoperatoria e peri-infra-post operatoria) in cui si è articolata la prestazione dei sanitari della struttura ospedaliera.
Col quinto motivo viene censurata l’insufficiente e incongrua motivazione di esclusione del nesso causale tra l’inadempimento sanitario e le lesioni mortali.
Il motivo viene ritenuto infondato in quanto la Corte territoriale ha correttamente affermato che attesa l’insussistenza di responsabilità in capo alla Struttura Sanitaria è del tutto superflua l’analisi del nesso di causalità.

Il risarcimento del danno da perdita di chance

Con ulteriore motivo i ricorrenti lamentano la negazione del nesso causale giuridico tra l’inadempimento sanitario e le chances terapeutiche e chiedono che la Sentenza venga cassata con rinvio alla Corte territoriale affinché, rinnovata la C.T.U. venga valutata “la percentuale di sopravvivenza, guarigione o miglioramento in caso di tempestiva e corretta gestione, anche chirurgica, delle complicanze postoperatorie, e per l’effetto riconosca e quantifichi, secondo equità circostanziata, il relativo ristoro del danno da perdita di chances terapeutiche”.
I Supremi Giudici ritengono anche questo motivo infondato attesa l’esclusione di qualsiasi profilo di condotta colposa dei sanitari che non consente di considerare la possibilità di soluzioni alternative che avrebbero consentito un prolungamento, oppure una migliore qualità della vita del paziente.
Al riguardo evidenziano che “anche il danno da perdita di chances terapeutiche presuppone l’esistenza di una condotta colposa – commissiva od omissiva- che integri la causa del pregiudizio”.

Avv. Emanuela Foligno

 
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