Attualmente, non esistono tutele per gli animali vittime di errori medici. L’appello di Arca 2000 vuole la Legge Gelli estesa anche ai veterinari

Daniela Ballestra, la presidente dell’associazione animalista Arca 2000, lancia un appello affinché la Legge Gelli estesa anche ai veterinari diventi realtà.

Una riflessione, quella delle tutele per gli animali vittime di errori medici, che forse in pochi fanno. Il tema è stato affrontato nel corso di un’intervista rilasciata da Ballestra a Studio Cataldi.

Gli animali, in Italia, non hanno alcuna forma difesa o di tutela in ambito sanitario.

Da qui nasce la battaglia di Arca 2000, lunga 14 anni, per una legge di tracciabilità dell’operato veterinario.

L’obiettivo è raggiungere una maggiore responsabilizzazione professionale dei veterinari e in particolare, per l’obbligo legale di cartelle cliniche.

Arca 2000 è nata proprio dopo che il cane di Ballestra è deceduto a seguito di una infezione uterina. Questa era stata scambiata per una colica epatica. Un autentico caso di errore medico.

“A seguito di tale episodio – dichiara – ho scoperto quanto sia difficile ottenere risposte e conoscere la verità quando un proprio congiunto a quattro zampe muore in circostanze poco chiare”.

A quel punto è emerso quanto fosse grande il vuoto legislativo a riguardo.

Secondo Ballestra, gli ordini professionali non possono assicurare la giusta punibilità e vigilanza nei casi di malasanità animale.

“Allo stato attuale delle cose – dichiara – può accadere che soltanto per riavere la documentazione clinica del proprio animale si debba ricorrere ad un giudice”.

“Nel frattempo, il veterinario omissivo può aver tranquillamente buttato ogni documentazione in suo possesso, senza incorrere in alcuna violazione di legge” Infatti non esistono obblighi di conservazione di documenti in tal senso.

Alla luce di tali circostanze, è chiaro come per gli animali non vi sia alcuna forma di tutela in ambito sanitario.

Per non parlare del consenso informato.

“Nessun obbligo di legge – tuona Ballestra – per i veterinari ma solo un’indicazione nel codice deontologico, contrariamente ai medici umani che, invece, possono incorrere in conseguenze disciplinari oltre che civili e penali, in caso di omissione”.

Eppure, un codice deontologico veterinario esiste, anche se in tanti non lo sanno.

“Arca 2000 ha ripetutamente sollecitato diversi parlamentari di ogni schieramento politico ad occuparsi del problema”, dichiara Ballestra.

Infatti esiste una proposta di legge per il benessere animale che prevede norme per la tracciabilità dell’operato veterinario, ddl n.1482 “Legge quadro e delega al Governo per la codificazione della legislazione in materia di tutela degli animali”.

Una legge ferma in Parlamento da ben tre anni.

“Con la fine della legislatura, purtroppo, decadranno tutte le proposte di legge ma saremo pronti a ricominciare daccapo, sperando in un governo più sensibile anche verso i nostri amici animali”.

E quanto alla Gelli? Dopo che è stata approvata nessuno ha menzionato la situazione riguardante gli animali, ma l’associazione, sulla Legge Gelli estesa anche i veterinari, combatte già da tempo.

“Come associazione, nel giugno 2017, abbiamo lanciato una nuova petizione su Change.org indirizzata al Ministero della Salute e ai legislatori per chiedere che anche i veterinari siano inclusi negli obblighi previsti dal succitato testo normativo”.

L’obiettivo è “una legge che obblighi i veterinari a tracciare il proprio operato”.

E questo perché “è un diritto che attualmente è negato ai milioni di italiani che vivono con un animale d’affezione”.

“Tale vuoto legislativo – dichiara Ballestra  – genera casi di malasanità animale impunita, poiché nega al danneggiato la possibilità di fare chiarezza su eventuali mancanze professionali veterinarie”.

“Non si possono certo ignorare le oltre 16.000 firme da noi raccolte, (tra petizioni cartacee e online) – conclude – nella consapevolezza che gli animali d’affezione sono a tutti gli effetti membri della nostra famiglia e devono trovare tutela anche in ambito sanitario”.

 

 

 

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1 commento

  1. La gravidanza della mia cavalla era seguita d’una veterinaria che al 7 mesi di gravidanza l’ho chiamata dicendo che le mammelle della cavalla erano molto gonfie. Lei mi ha assicurato che non era nulla, che era normale e non è venuta nemmeno a fare dei controlli. 5 giorni dopo la cavalla ha abortito. Non rispondendo alle chiamate ho chiamato un’altro veterinario che a esaminato la cavalla e il feto. Ha fatto l’autopsia e risultato tutto normale. Chesto veterinario come tutte l’altre che ho contattato mi hanno detto che le mammelle gonfie è il primo sintomo che qualcosa non va. Va messa immediatamente sotto antibiotico e progesterone per potere seguire con la gravidanza.

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