La formulazione dell’articolo 8 lascia immaginare una probabile sovrapposizione tra procedimenti ex art. 696 bis e 702 bis del codice di procedura civile

Una delle principali novità introdotte dalla Legge Gelli in materia di responsabilità professionale degli esercenti la professione sanitaria, è rappresentata dall’articolo 8, che sancisce l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione per chi intenda esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria.
Nello specifico, il testo sancisce l’obbligatorietà per tutte le parti di partecipare alla consulenza tecnica preventiva e la massima durata del procedimento di 6 mesi, al termine dei quali e non oltre i 3 mesi successivi, si passerà alla procedura ex 702 bis del codice di procedura civile.
Tale disciplina, tuttavia, pone degli interrogativi in relazione sia alla tempistica prevista per la chiusura della conciliazione, sia in ordine al rischio di una duplicazione di consulenze e, conseguentemente, di costi a carico del cittadino ricorrente.
La pensa così l’Avv. Francesco Lauri, Presidente di Osservatorio Sanità, che pur ritenendo condivisibile l’intento della legge Gelli di ridurre il contenzioso medico legale, ravvisa nella nuova normativa un’ennesima barriera tra chi fa le leggi e chi si trova a doverle applicare.
“La maggior parte degli errori medici – afferma  a Responsabile Civile Lauri – sono complessi e sistemici, nel senso che non è possibile individuare un solo colpevole. Ben venga quindi il tentativo di limitare la responsabilità in capo al singolo camice bianco, allargando quella in capo alla struttura sanitaria. Ben venga anche l’ulteriore limitazione all’azione penale , anche se i dati dimostrano come sia già estremamente difficile da questo punto di vista giungere alla condanna del medico”.
“Ciò che trovo complesso e assurdo – continua il Presidente di Osservatorio Sanità – è la limitazione al termine di sei mesi della procedura di conciliazione, quando, prendendo come esempio un caso di presunta malpractice legata a un parto, il consulente tecnico d’ufficio deve esaminare una mole tale di documentazione (cartelle cliniche, tracciati, ecc.) da rendere utopico il rispetto della scadenza prevista dal legislatore”.
“Ma la cosa ancor più assurda – aggiunge Lauri – è che in caso di scadenza del termine previsto, il testo della legge sembrerebbe rendere obbligatorio a quel punto il ricorso alla procedura ex 702 bis, con un aggravio di costi a carico del paziente, il quale si troverà a pagare  due contributi unificati e, con tutta probabilità, due consulenze tecniche d’ufficio. Temo che l’unica strada per correggere tale situazione sia la giurisprudenza; ancora una volta, quindi, dipenderemo dalle sentenze della Corte di Cassazione.  Lo scenario più probabile, intanto, è che molti preferiranno il tentativo di mediazione, anche se data l’elevata probabilità di fallimento di tale opzione – che riscontro anche nella mia personale esperienza – si tratterebbe più che altro di una mera formalità per bypassare la conciliazione e passare poi all’atto ordinario”.

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