Lesione del diritto alla salute, danno evento e nesso causale

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Il danno evento consta della lesione del diritto alla salute e non riguarda “l’interesse strumentale” (Corte Suprema di Cassazione – Sezione Terza Civile – Ordinanza n. 30861 del 2 dicembre 2024).

L’unico fattore che deve essere considerato, quanto si discorre di responsabilità sanitaria, è il fatto costitutivo, perché solo esso è idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine, nella sua essenzialità materiale.

In tema di inadempimento di obbligazioni di diligenza professionale sanitaria, il danno evento consta della lesione non dell’interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione (perseguimento delle “leges artis” nella cura dell’interesse del creditore) ma del diritto alla salute (interesse primario presupposto a quello contrattualmente regolato).

Tradotti tali principi, significa, che qualora venga dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario (o della struttura) per l’inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, il danneggiato deve provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario.

Mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione (Cass. n. 28991 del 2019).

Tale concetto è ormai granitico.

La vicenda

Tutti i congiunti del paziente chiedendo il risarcimento del danno per la morte del familiare, cagionata da responsabilità sanitaria dopo l’accesso di questi al Pronto Soccorso dell’ospedale S.S. Annunziata, lamentando una sintomatologia riconducibile ad acuta patologia cardiaca, e per la quale gli era stato assegnato il codice giallo, in luogo di quello rosso.

Secondo la tesi dei danneggiati “a fronte di parametri vitali e sintomi decisamente gravi, il personale infermieristico assegnava un codice giallo – mediamente critico e lasciava, rectius abbandonava il paziente in sala d’attesa per oltre un’ora senza disporre di alcun accertamento strumentale o terapia di alcun genere…dopo oltre un’ora di attesa ed in assoluta assenza di qualsivoglia prestazione subiva una sincope, cadeva in stato di incoscienza e dalla sala d’attesa veniva trasferito in sala di rianimazione solo alle ore 21,01 struttura sanitaria che non conferiva il codice rosso…
Il codice rosso avrebbe comportato un accesso immediato ai monitoraggi ed alle cure dei caso, dunque alla sopravvivenza dello stesso proprio perché vi sarebbe stato tutto il tempo di accertare la malattia e fornire tempestive cure in largo anticipo alla sincope che si verificava dopo un’ora abbondante di attesa,… anche a voler ammettere, ma non concedere, che l’attribuzione del codice giallo fosse stata giusta, il trattamento fornito si presentava comunque inidoneo e contrario a tutti i protocolli sanitari in vigore… se il personale della struttura sanitaria avesse seguito linee guida e protocolli, nonché scienza e coscienza medica, avrebbe salvato la vita dell’uomo…… a pag. 7 la relazione medico legale allegata ai presente atto illustra in modo scientifico, richiamando le linee guida e i protocolli ospedalieri, come il contegno sia stato dei tutto superficiale e lontanissimo da una diligenza e perizia che è lecito pretendere da strutture sanitarie di secondo livello”.

La vicenda giudiziaria

Il Tribunale, previa CTU, accoglie la domanda. Invece con sentenza del 21 ottobre 2021 la Corte d’appello di Taranto accoglie il gravame, rigettando la domanda.

I Giudici di secondo grado hanno basato il loro rigetto secondo quanto concluso dai CTU: “anche in caso di approccio corretto al paziente e di corretta applicazione delle linee guida, non sarebbe stato possibile evitare il verificarsi della fibrillazione ventricolare (FV), non essendo possibile prevedere ed evitarla in base al risultato del tracciato del primo elettrocardiogramma (ECG), il quale aveva segnalato una “normale attività cardiaca soprattutto per ciò che riguarda la regolarità del ritmo”, sicché la condotta dei medici del Pronto Soccorso non aveva avuto efficacia causale…..E che “non si sarebbe potuti intervenire con procedure di cardiologia interventistiche prima del momento in cui si verificò la perdita di conoscenza, ossia meno di un’ora dopo l’accesso in Pronto Soccorso», evitando la FV risultata letale

La Suprema Corte accoglie la censura inerente la “tardiva rianimazione” che non sarebbe stata originariamente ipotizzata dagli attori. La Corte di appello, effettivamente, non ha esaminato la circostanza del ritardo nelle cure rianimatorie, sia sotto il profilo dell’effettiva sussistenza, che sotto quello della sua portata eziologica rispetto all’evento dannoso, reputandola tardivamente allegata.

Nel giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l’attore, dopo avere allegato nell’atto introduttivo che l’errore del sanitario sia consistito nell’imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi, invece, che l’errore sia consistito nell’inadeguata assistenza postoperatoria.

In responsabilità sanitaria solo il fatto costitutivo è idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine

L’unico fattore che deve essere considerato, quanto si discorre di responsabilità sanitaria, è il fatto costitutivo, perché solo esso è idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine, nella sua essenzialità materiale.

Ciò che viene illustrato dai danneggiati negli atti difensivi non ha portata preclusiva, stante l’inesigibilità dell’individuazione ex ante di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all’esito dell’istruttoria e dell’espletamento di una C.T.U. (Cass. n. 10901/2024). Trattasi di orientamento costante della giurisprudenza recente.

Applicando ciò al caso concreto, la “tardiva rianimazione” non è un fatto costitutivo diverso da quello allegato nella domanda, e che sarebbe stato solo tardivamente introdotto nel giudizio, ma è un profilo della responsabilità sanitaria originariamente dedotta in giudizio e concernente il complessivo trattamento sanitario del paziente, una volta fatto ingresso nel Pronto Soccorso della struttura ospedaliera.

Il Giudice del merito, ove la causa viene rinviata, dovrà pertanto valutare sia l’effettiva sussistenza, che la portata eziologica rispetto all’evento dannoso, della dedotta circostanza del ritardo nelle cure rianimatorie.

Avv. Emanuela Foligno

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