Desideriamo porre l’attenzione su un concetto condiviso dai giuristi, ma di cui non sempre gli operatori dell’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni e le Malattie Professionali) hanno tenuto conto nel respingere i casi (soprattutto quelli denunciati dagli assicurati come malattie professionali), con conseguente diniego delle prestazioni previdenziali, incremento di inutile contenzioso che ha l’effetto di intasare ancora di più i Tribunali del Lavoro nazionali.

I giudici della Corte di Appello Lavoro di Ancona, con Sentenza n. 232 /2021, infatti si sono così espressi: “… il valore probatorio del DVR (Documento di Valutazione del Rischio Lavorativo, ai sensi dell’articolo del D.lvo n. 81/2008) è relativo, in quanto fornisce indicazioni di massima in ordine alla compatibilità delle mansioni lavorative con la tutela della salute del lavoratore, compatibilità che, però, può venir meno in concreto, nel senso che il loro svolgimento effettivo, con l’imprevedibile presenza di variabili indipendenti dalla volontà delle parti, può incidere sullo stato psicofisico del prestatore di lavoro“.

La Sentenza della Corte di Appello Lavoro di Ancona trae origine da un caso di un assicurato che aveva denunciato all’INAIL malattie professionali per ernia discale della colonna vertebrale e per periartrite scapolo omerale bilaterale adducendo come concausa lavorativa una esposizione a posture incongrue e una movimentazione manuale di carichi pesanti, caratteristica della mansione lavorativa esercitata. Respinto il caso, riguardo l’indennizzo da parte dell’INAIL, il Tribunale del Lavoro di Ascoli Piceno ha invece riconosciuto l’origine professionale delle due tecnopatie, con una valutazione complessiva del danno biologico del 12 per cento.

Contro detta Sentenza è stato proposto appello da parte del Datore di Lavoro, appello respinto appunto dalla Corte di Appello Lavoro di Ancona. Già la medesima Corte di Appello Lavoro di Ancona, in precedenza, con Sentenza n. 327 del dell’8.11.2018, si era così espressa riguardo al valore probatorio del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR): “ ..il DVR, pur non avendo valenza probatoria decisiva, costituisce, un elemento di prova accessorio che, in presenza di dichiarazioni testimoniali in parte contradditori, permette, come ha esattamente indicato il primo giudice, di attribuire profili di responsabilità….“.

La Corte di Cassazione Lavoro, con Sentenza n. 17127 del 2002 ha chiarito che la prova della effettiva esposizione al rischio del lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni, della durata di tale esposizione e delle modalità lavorative non può essere desunta dal fascicolo sanitario e dal documento di valutazione dei rischi, documenti attinenti a previsioni in astratto richieste dalla legge, e non alle mansioni in concreto svolte dal lavoratore. Del resto, a fronte di decisioni intempestive ed apodittiche circa la non ammissione all’indennizzo di tecnopatie con riferimento esclusivo al Documento di Valutazione dei Rischi ed alla Scheda Sanitaria redatta dal Medico Competente, già l’Istruzione Operativa del 7 giugno 2003 della Direzione Centrale Prestazioni Assicurative dell’INAIL (Documentazione necessaria per l’istruttoria delle pratiche di malattia professionale), recitava: “Si sottolinea, inoltre, che le informazioni concernenti il rischio lavorativo devono essere acquisite non solo sulla base del Documento di Valutazione del Rischio ma, in sede di istruttoria medico – legale, sulla base degli elementi forniti dall’assicurato in sede di anamnesi lavorativa funzionale alla valutazione del nesso di causalità tra rischio e tecnopatie, nonché sulla base di altri elementi forniti dal datore di lavoro “.

Ancora, al Corso di Formazione sulle malattie professionali svoltosi al Centro Formazione Convegni INAIL “Villa Bandini“, a Napoli, nel 2012, una pregevole relazione ha espresso questi concetti: “L’INAIL attribuisce spesso un disarmante valore di ‘certezza’ al Documento di Valutazione dei Rischi, che peraltro è finalizzato ad esclusivi scopi di prevenzione e controllo di esposizione professionale. L’impiego di questo documento aziendale, come discriminante nella valutazione del nesso di causa per il riconoscimento di una malattia professionale, appare improprio sotto i diversi profili: giuridico, tecnico e medico legale. Nel dettaglio: – Giuridico in quanto rappresenta un documento di parte la cui relazione è di esclusiva responsabilità datoriale; – Tecnico in quanto la stima dell’esposizione professionale, se occasionale e non condotta con rigorosa metodologia statistica, non rappresenta quella vera se non in un ampio campo di variabilità. – Medico- Legale in quanto la valutazione è riferita quasi sempre ad una condizione di esposizione attuale non espressiva della situazione storica. In effetti, le stime del rischio contenuto nel DVR vanno assunte con estrema cautela e quand’anche si giudichi corretta la metodologia di analisi, il dao sulla esposizione può rappresentare semmai uno degli elementi, su cui fonda la valutazione, e che deve necessariamente affiancarsi ad altri elementi altrettanto fondamentali nella ricostruzione dell’esposizione professionale e cioè: l’anamnesi professionale, le conoscenze tecnologiche, il criterio epidemiologico“ (in Atti pubblicati da INAIL – Direzione Regionale Campania).

D’altronde Claudia Sferra, già DM2 INAIL, sul web (Punto Sicuro) ha scritto: “Il DVR rispecchia le condizioni reali? L’attività sul campo fa sorgere non pochi dubbi. Si indica, infatti, che troppo spesso per diverse aziende afferenti a comparti produttivi anche assai diversi si leggono identiche descrizioni. Troppe volte non vi è congruenza fra il narrato dell’assicurato ed il contenuto del DVR. Se il DVR – primo strumento di prevenzione nei luoghi di lavoro – è vero fino a prova contraria, il lavoratore ha facoltà di provare eventuali difformità tra il rischio valutato e quello effettivamente gravante“.

La questione è – diremmo – atavica e riguarda la disciplina per la prevenzione degli infortuni e le malattie professionali sul luogo di lavoro a cui lo Stato Italiano ha dato una disciplina attraverso prima il D.lsvo n. 626/1994 e poi con il D.lsvo n. 81 /2008, materia prima normata dall’articolo n. 2087 del Codice Civile (Tutela delle condizioni di lavoro: L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro) e, prima della emanazione dei due Decreti Legislativi 626/1994 ed 91/2008) dal DPR 547 del 27.4.1955, e dal DPR n. 302 de 19.3.1956. Con la Legge n. 300 del 1971 (meglio conosciuta come Statuto dei Lavoratori), circa la verifica del rispetto della igiene del luogo di lavoro, e quindi della prevenzione dagli infortuni sul lavoro e dalle malattie professionali, aveva previsto all’articolo 9: “Tutela della salute e dell’integrità fisica. 1. I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica“.

L’articolo in questione aveva permesso, in regioni virtuose ed in aziende altrettanto virtuose, che i lavoratori fossero i veri protagonisti della prevenzione della loro salute nei luoghi di lavoro. Infatti, tecnici (ingegneri, chimici, anche afferenti ad Istituti Universitari e Medici del Lavori anch’essi spesso afferenti ad Istituti Universitari) erano i professionisti di fiducia dei lavoratori, non dipendenti, anche da un punto di vista economico dal datore di lavoro. In molte aziende, di solito con maggiore numerosità di dipendenti, esisteva la figura del Medico di Azienda che era retribuito dal Datore di Lavoro.

Con il D.lgvo n. 626 e con il suo aggiornamento (D.lgvo n. 81 del 2008) vengono istituite, tra le altre normative sulla prevenzione e l’igiene del lavoro, anche il Documento di Valutazione del Rischio e la figura del Medico Competente. L’articolo 18 del D.lvo n. 81/2008 descrive il Documento di Valutazione del Rischio lavorativo: ll Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) è quel documento che la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ha imposto a tutte le aziende con almeno un lavoratore, anche socio, come mezzo per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e dimostrare agli organi di controllo l’avvenuta Valutazione dei Rischi  per tutelare la salute dei lavoratori. Si tratta, quindi, di un documento obbligatorio che deve essere conservato presso la sede dell’azienda e serve principalmente a delineare tutti gli interventi che devono essere attuati per eliminare o ridurre i rischi e pericoli presenti all’interno dei luoghi di lavoro. Per la sua redazione è necessario analizzare la struttura aziendale e le attività operative al fine di individuare i rischi e valutare i pericoli che gravano sulla sicurezza interna. Presso la nostra struttura è presente un team di esperti che seguono in ogni step la predisposizione del documento comunicando costantemente con figure quali il medico competente, il datore di lavoro (DDL) ed eventuali consulenti esterni. Per la predisposizione del Documento di Valutazione dei Rischi esistenti sui luoghi di lavoro in conformità alle previsioni di cui al D.Lgs. 81/08).

Si procederà come segue:

  • eventuale sopralluogo presso l’insediamento produttivo / sede operativa, per esperire l’indagine preliminare alla valutazione dei rischi sui luoghi di lavoro
  • analisi della documentazione disponibile, relativamente agli adempimenti di sicurezza e discipline collegate
  • predisposizione del documento di valutazione dei rischi sui luoghi di lavoro in conformità a quanto previsto, ed in particolare: descrizione dei luoghi di lavoro, delle attività esercitate, delle attrezzature e macchinari, del personale presente e delle relative mansioni; individuazione dei fattori di pericolo sui luoghi di lavoro, analisi e valutazione dei rischi connessi; analisi e valutazione dei rischi operativi; elaborazione di apposite schede di valutazione dei rischi collegati alle mansioni; definizione del programma degli interventi di adeguamento e/o miglioramento necessari.
  • consegna e spiegazione del documento al DDL
  • mantenimento del documento DVR aggiornato in base ai cambiamenti aziendali e/o legislativi.

Al termine della valutazione è previsto un ulteriore approfondimento dei rischi aziendali residui, con esclusione di valutazioni specifiche quali: macchine, esplosioni, apparecchi di sollevamento, agenti chimici, cancerogeni o mutageni, agenti da radiazioni e campi elettromagnetici, valutazione del rischio incendio (D.M. 10/3/98), rumore, vibrazioni, stress, etc.

Non è, quindi, un documento condiviso dai lavoratori. Sebbene il Decreto n. 6261994, e quindi il D.lvo n. 81/2008 abbiano istituito la figura del RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza), eletto o designato dai lavoratori, si fa notare, che le figure del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) sono costituite da dipendenti del datore di lavoro, sempre retribuiti dal datore di lavoro. E non desideriamo aggiungere altro, sicuri dell’intelligenza dei lettori. D’altra parte, anche la figura del Medico Competente, che va a sostituire il precedente Medico Aziendale, è un dipendente del Datore di Lavoro, che con lui intrattiene differenti modalità contrattuali, ma sempre sotto la retribuzione del datore di lavoro. Infatti, Gli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 626 del 19.9.1994 hanno meglio delineato la figura del medico competente. In particolare, il medico competente, a norma dell’articolo 17, comma 5, svolge la propria opera in qualifica di: 1) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata, convenzionata con l’imprenditore (datore di lavoro) per svolgere alcuni compiti proprio di questa figura; 2) libero professionista; 3) dipendente del datore di lavoro. L’articolo 39 del decreto legislativo n 81 del 2008, comma 4, ribadisce che il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone, e questo è l’elemento importantissimo, l’autonomia.

Certamente questo è un argomento di delicatezza estrema, quello riguardante, cioè, la oggettiva e reale autonomia del Medico Competente che, pur essendo tenuto al rispetto del codice deontologico professionale in quanto esercente un’attività medica, è sempre persona retribuita da parte del datore di lavoro che potrebbe essere tentato di condizionarlo sia nella richiesta di maggior tutela di sicurezza nei confronti dei lavoratori, per motivi di risparmio di spesa, sia per evitare di essere coinvolto come datore di lavoro in responsabilità civile e/o penale, sia di evitare una maggiorazione del premio assicurativo da parte dell’INAIL, nel dovere effettuare una denuncia di malattia professionale all’Istituto Assicuratore, sollecitata dal medico competente. E sia bene tenuto a mente questo concetto: il datore di lavoro, comunque, alla scadenza del relativo contratto di consulenza, può non rinnovare l’incarico al medico competente.

In numerosi precedenti giudiziari a carico dei datori di lavoro sono emerse chiare responsabilità dei medici competenti, in cui si è evinto che questa figura professionale ha celato i reali rischi lavorativi che il datore di lavoro aveva, certamente, interesse ad occultare. Oltretutto, il Sistema di Valutazione del Rischio Lavorativo e quindi l’attività preventiva del Medico Competente, molto spesso si vanno ad impattare con il problema dei Valori Limite di dose tossica e con i Valori di Azione (valori a cui devono scattare particolari comportamenti di prevenzione) che sono sempre valutati a priori a cura e sotto la responsabilità del datore di lavoro. Al riguardo i TLV sono stabiliti in base ai dati disponibili ricavati dall’esperienza nel campo dell’igiene industriale, da studi sull’uomo e sugli animali e, quando possibile, dalla combinazione dei tre fattori, come indicato nelle loro documentazioni.

Come per tutti i TLV, questi limiti sono stabiliti per l’uso nella pratica dell’igiene occupazionale e debbono venire interpretati e applicati solo da parte di persone esperte in tale disciplina. Essi non possono essere utilizzati tal quali, o modificati, per essere impiegati: 1) per la valutazione o il controllo del livello degli agenti fisici negli ambienti di vita, oppure 2) come prova o controprova dell’esistenza di un danno fisico esistente.

Questi valori vengono riveduti annualmente dall’ACGIH per modifiche o aggiunte man mano che ulteriori informazioni divengono disponibili. L’ACGIH esamina regolarmente i dati relativi alla mutagenicità, al cancro, agli effetti negativi sulla riproduzione e agli altri effetti sulla salute determinati dagli agenti fisici. Commenti, supportati da concreta documentazione riportata in forma di letteratura refertata, sono sollecitati e dovrebbero essere inoltrati allo Science Group dell’ACGIH. L’ACGIH declina ogni responsabilità per un uso improprio dei TLV. Omissis.

Fattori fisici e chimici: La combinazione di fattori fisici come il calore, le radiazioni ultraviolette e ionizzanti, l’umidità, la pressione anomala (altitudine) e simili, così come l’interazione dei fattori fisici con sostanze chimiche presenti nei luoghi di lavoro, possono dare luogo ad uno stress supplementare per l’organismo esposto, cosicché gli effetti derivanti dalla esposizione a livelli pari ai TLV possono variare. Questo stress può influire sfavorevolmente aumentando la risposta tossica a una sostanza estranea. Benché la maggior parte dei TLV sia stata stabilita con fattori di incertezza intrinseci tali da proteggere da effetti negativi sulla salute dovuti a moderate deviazioni dalle condizioni ambientali normali, i fattori di incertezza per molte di queste esposizioni non sono così ampi da garantire contro grandi scostamenti. In questi casi, è richiesto il giudizio di un professionista competente per correggere adeguatamente i TLV. Omissis“.

In aggiunta. Il DVR è un Sistema di Valutazione del Rischio per prendere misure di prevenzione ex ante che è riferito ad un gruppo della popolazione lavorativa per adottare misure di igiene del lavoro e che non può essere trasferito sic et simpliciter allo studio del nesso di causalità delle malattie professionali.

Segue seconda parte.

Dr. Carmelo Galipò, medico legale

Avv. Bruno Lantini

Dr. Carmelo Marmo, medico legale

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