Mancata vigilanza del paziente ricoverato nella RSA ne causa il decesso provocato dalla caduta dal terrazzo. (Tribunale Treviso sez. III, 30/06/2021, n.1182)

A causa della mancata vigilanza del paziente ricoverato nella RSA ne seguiva la morte-suicidio e il figlio aziona richiesta risarcitoria da perdita del rapporto parentale.

Il Tribunale respinge la domanda e, preliminarmente, dà atto che la richiesta di risarcimento iure proprio da perdita del rapporto parentale, avanzata dal figlio, ha natura extracontrattuale.

In tale prospettiva, spetta al danneggiato fornire la prova che la Struttura fosse a conoscenza della situazione psicopatologica della paziente e della mancata vigilanza del paziente lamentata.

La circostanza che la paziente avesse mantenuto una condotta tale da non far presagire il compimento di un gesto estremo rende del tutto imprevedibile l’evento suicidario, con conseguente esclusione di responsabilità in capo alla struttura.

Anche se la caduta dal terrazzo fosse stata accidentale, il fatto che il parapetto del terrazzo sia conforme ai requisiti di legge configura l’assoluta imprevedibilità dell’evento.

In particolare, l’attore lamenta la mancata vigilanza del paziente da parte dei Sanitari, soprattutto alla luce del conosciuto quadro psicopatologico in cui la madre versava e caratterizzato da un disturbo schizofrenico disorganizzato-disturbo schizoaffettivo.

La Struttura Sanitaria nega qualsivoglia obbligo di custodia e vigilanza trattandosi di residenza per persone anziane non autosufficienti e non di residenza per pazienti psichiatrici.

La RSA deduce, inoltre, di non essere stata messa al corrente della storia clinica della paziente e che, peraltro, dal documento di accettazione della stessa presso la Struttura emergeva unicamente un disturbo bipolare, tenuto sotto controllo con terapia farmacologica.

Sostiene ancora che la paziente aveva sempre mantenuto un comportamento tale da non evidenziare alcun intento suicidario e che, in ogni caso, anche a volere ammettere che fosse caduta accidentalmente dal terrazzo, questo rispettasse i requisiti di legge, in quanto fornito di appositi parapetti.

Da ultimo, la Struttura respinge il risarcimento invocato dall’attore, avendo questi qualificato come contrattuale la responsabilità della convenuta, pur domandando i danni patiti iure proprio, salvo poi rimettere al Giudice la corretta qualificazione della relativa domanda.

Il Tribunale di Treviso, con la decisione a commento, esclude la responsabilità della RSA per mancata vigilanza del paziente.

Tale conclusione non è allineata all’indirizzo interpretativo fornito dalla Suprema Corte in materia.

Il Tribunale respinge la tesi attorea che muove dagli effetti protettivi verso i terzi del contratto di spedalità per giungere alla predicata affermazione della responsabilità extracontrattuale della Struttura.

Nel merito, non viene ritenuta provata la condotta omissiva tenuta dalla Struttura, sia per la “possibilità di prevedere l’evento suicidario della donna”, sia per la “possibilità di evitarlo adottando la necessaria diligenza”.

Il Tribunale evidenzia la mancanza di prova che la RSA fosse a conoscenza della condizione psicopatologica della paziente, essendo noto esclusivamente il disturbo bipolare e avendo la stessa tenuto sempre un “comportamento lineare” (e la circostanza è rafforzata dal fatto che il medico curante concedeva alla paziente “di uscire in terrazza, con cadenza oraria, per fumare una sigaretta”).

In tale prospettiva, pertanto, il suicidio della paziente, pertanto, rappresenta un evento imprevedibile, alla stessa stregua dell’ipotesi di caduta accidentale dal terrazzo, essendo questo rispondente ai requisiti di legge.

Nessun addebito, quindi, per mancata vigilanza del paziente ricoverato.

La decisione risulta in linea con altro precedente del medesimo Tribunale (Trib. Rovigo, sez. I, 15 febbraio 2018), nel quale, premesso che il dovere di vigilanza è maggiore nei pazienti che abbiano posto in essere condotte autolesionistiche o abbiano manifestato intenti suicidari, si giunge alla conclusione che, ove manchi la prova della conoscenza da parte dei sanitari di tali circostanze, l’avvenuto suicidio rappresenta un evento del tutto imprevedibile, idoneo, pertanto, ad escludere la responsabilità dei sanitari e della struttura.

In altri termini, in assenza di condotte anomale del paziente, e/o altre segnalazioni, la mancata vigilanza del paziente ricoverato non configura responsabilità.

§  §

Premesso che non si conoscono gli atti di causa, ad ogni modo, la decisione appare in contrasto rispetto a quanto predicato della giurisprudenza di legittimità riguardo la configurabilità della responsabilità della RSA, e della struttura sanitaria in generale, in ipotesi come quella oggetto di commento.

L’obbligazione dell’ente ospedaliero non si esaurisce nella mera prestazione delle cure mediche, ma include la protezione della persona destinataria dell’assistenza (cfr. Cass. civ., sez. III, ord., 26 maggio 2020, n. 9714; Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22331; Cass. civ., 3 marzo 2010, n. 5067).

Ergo, non si può ragionevolmente discorrere nel senso che la mancata vigilanza del paziente ricoverato debba essere “maggiore” solo in casi di condotte autolesionistiche o tentativi di suicidio.

L’adeguata sorveglianza del paziente rientra nella diligenza esigibile dalla struttura ospedaliera ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c.

Il contratto di ricovero produce, a norma dell’art. 1374 c.c., l’obbligo della Struttura sanitaria di sorvegliare il paziente in modo adeguato rispetto alle sue condizioni, al fine di prevenire che egli possa causare danni o subirne (cfr. Cass. civ., sez. III, ord., 11 novembre 2020, n. 25288; Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2014, n. 10832; Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22331; Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2005, n. 7997).

Ergo, i principi sopra riassunti avrebbero dovuto condurre il Tribunale a ritenere ininfluente l’assenza di prova sulla mancata conoscenza da parte della Struttura dei disturbi psichici di cui era affetta la paziente.

Lo stesso Tribunale dà atto che il disturbo bipolare di cui la paziente era affetta veniva segnalato all’ingresso nella Struttura, e confermato dalla stessa.

Poi, la RSA si caratterizza per essere una residenza per anziani non autosufficienti e nella condizione di “non autosufficienza” andrebbe ricompresa, a parere di chi scrive, la componente fisica e quella psichica.

L’obbligo di vigilanza e protezione deve riguardare tutti i pazienti ricoverati, a prescindere da eventuali patologie psichiatriche.

L’obbligo di sorveglianza deve essere posto in relazione alle concrete condizioni del paziente onde prevenire potenziali rischi, prevedibili secondo una ragionevole prognosi ex ante.

Detto ciò, per completezza espositiva, sempre in tema di mancata vigilanza del paziente ricoverato, si segnalano alcune decisioni di merito che, in caso di suicidio del paziente, hanno argomentato l’assenza di responsabilità della Struttura per “imprevedibilità” dell’evento.

Per contro, in altre decisioni di merito, si è parlato di mancata vigilanza del paziente nei casi di lesioni (cadute, ecc.), avvenute nel corso del ricovero.

Insomma, la tematica è senz’altro delicata e purtroppo ciò che i familiari percepiscono è la mancata vigilanza del paziente, al di là delle motivazioni sviluppate, poi, dai Tribunali.

Avv. Emanuela Foligno

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