La Corte dei Conti ha condannato un’infermiera a versare 50mila euro alla Regione Toscana per il danno erariale provocato da una manovra errata costata la perforazione del retto a una paziente che si era sottoposta a una colonscopia. L’Ente aveva versato alla parte lesa 500mila euro
Dovrà versare 50mila euro alla Regione Toscana a titolo di risarcimento per il danno erariale provocato con una manovra errata costata a una donna di 70 anni che si era sottoposta auna colonscopia la perforazione del retto e la lacerazione della vagina una colonscopia. E’ il verdetto emesso dalla Corte dei Conti nei confronti di un’infermiera in servizio presso una struttura sanitaria in provincia di Livorno.
Il fatto risale al 2010. La paziente, aveva depositato un atto di citazione a cui aveva fatto seguito l’apertura di un fascicolo da parte della Procura. La vicenda si chiuse con un accordo transattivo sulla base di una cifra pari a 500 mila euro tra la parte lesa e la Regione.
L’Ente si era poi rivalso sull’infermiera, finita sotto accusa insieme ad un medico.
La posizione del camice bianco, tuttavia, venne archiviata in quanto si stabilì che l’inserimento della sonda era di competenza del solo personale infermieristico.
Decisiva ai fini della condanna dell’operatrice sanitaria una CTU eseguita su incarico del Tribunale, in base alla quale la manovra di esecuzione dell’indagine colonscopica era stata errata. L’infermiera, secondo la Corte dei Conti avrebbe esercitato “una pressione incontrollata sulla sonda presso il termine della manovra di introduzione”. In tal modo si sarebbe prodotta “una complicazione rara e non giustificata da situazioni eccezionali che ponessero specifici rischi, con diretto nesso causale tra l’errata manovra e la perforazione del retto e spandimento di bario nei tessuti circostanti, con la necessità di un intervento chirurgico riparativo”.
In riferimento al nesso causale, i Giudici hanno rilevato che “se il sanitario avesse tenuto una condotta diligente, prudente e perita, la lesione non si sarebbe verificata”. Quest’ultima sarebbe stata “frutto di una manovra maldestra e grossolana”.
Il legale della difesa, da parte sua, ha evidenziato che la stessa CTU aveva qualificato l’evento perforazione del retto come una complicazione possibile, anche se rara, che può essere favorita dall’età della paziente. Peraltro il consenso informato conteneva un espresso richiamo alla possibile perforazione dell’intestino. Si tratterebbe, dunque, di una complicazione che si può verificare anche in assenza di negligenza e, anche qualora si verifichi per colpa, non vi sarebbero state ragioni per qualificarla grave.
La sentenza, tuttavia, ha visto la condanna dell’operatrice, che però, tenuto conto della situazione economica e della qualifica funzionale, dovrà risarcire solo 50 dei 500 mila euro ldalla Regione alla paziente.
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