L’obbligo di mantenimento dei figli vale anche per i genitori disoccupati; o meglio, quest’ultimo, è tenuto a versarlo a meno che non provi davanti al giudice, di essersi attivato per cercare un’occupazione, senza esservi riuscito e, al tempo stesso, di non disporre di altri redditi 

Il caso

L’imputato era stato condannato dal Tribunale penale di Roma per il delitto di cui all’art. 570 c.p., per essersi sottratto agli obblighi di mantenimento e di assistenza nei confronti del figlio minore, omettendo di versare il contributo mensile stabilito a favore di quest’ultimo e, facendogli mancare, in questo modo, i mezzi necessari per la sua sussistenza.

In primo grado, il giudice aveva riconosciuto all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinato al pagamento di una provvisionale in favore del minore; decisione che veniva confermata dai giudici dell’appello.

L’imputato decideva così di proporre ricorso per Cassazione, adducendo tra i motivi di impugnazione la carenza di motivazione in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena e alla condanna al pagamento della provvisionale.

Secondo un orientamento giurisprudenziale -richiamato dal difensore dell’imputato – deve ritenersi illegittima la decisione di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena, al risarcimento del danno o al pagamento della provvisionale, senza procedere, con apprezzamento motivato, alla valutazione delle condizioni economiche dell’imputato e della sua concreta possibilità di adempiere (in tal senso, anche Corte cost. n. 49 del 1975).

Nel corso dell’istruttoria l’imputato aveva, infatti, dimostrato di essere economicamente impossibilitato ad adempiere al mantenimento del figlio, dal momento che riusciva a trovare solo impieghi saltuari.

La decisione della Cassazione

Il motivo, tuttavia, non è stato accolto dai giudici della Suprema Corte di Cassazione che hanno considerato generiche le deduzioni difensive in ordine alla mancata valutazione, da parte dei giudici di merito, delle condizioni economiche dell’imputato e dunque per aver subordinato la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale.

Il punto di diritto risolto dai giudici Ermellini è il seguente: è possibile subordinare l’imputato del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile (in questo caso il figlio minore) prima che la sentenza sia passata in giudicato?

Decisivo è il richiamo ad un precedente arresto giurisprudenziale secondo cui il giudice può legittimamente subordinare il beneficio al versamento della somma entro un termine anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, in quanto la condanna, nella parte concernente la provvisionale, è immediatamente esecutiva per legge (Sez. III, n. 22259 del 28/04/2016).

Tale orientamento è tuttavia, in contrasto con quello, nel tempo divenuto maggioritario, secondo il quale, subordinare la concessione della sospensione condizionale ad una condotta che l’imputato dovrebbe adottare prima del giudicato equivarrebbe, inequivocabilmente, a rendere irreversibile un capo penale della sentenza su un punto della decisione relativo all’attuazione di una sanzione ancora sub judice (quale è ogni statuizione in materia di sospensione della pena), quindi prescindendo dalla sua definitività (ex multis Sez. V, n. 36154 del 23/05/2018, ; Sez. VI, n. 11998 del 16/01/2018).

L’efficacia civile della provvisionale direttamente discendente dalla legge, deve essere, pertanto intesa nel senso che il termine ivi previsto per l’adempimento dell’obbligo imposto dal giudice ha sempre quale dies a quo la data del passaggio in giudicato della condanna, anche in considerazione del fatto che la sospensione dell’esecuzione della pena presuppone necessariamente che tale pena sia divenuta definitiva.

Nel caso di specie tuttavia, il problema è stato male individuato dalla difesa, posto che il termine di adempimento anteriore al passaggio in giudicato, non era indicato nella sentenza di primo grado, né in quella d’appello.

 

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