La Suprema Corte ritorna sulla tematica del mantenimento del figlio adulto privo di indipendenza economica, statuendo che grava su di esso l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento, tenendo in considerazione il principio di autoresponsabilità (Cass. civ., sez. I, 20 settembre 2023, n. 26875).
La vicenda
Il Tribunale di Roma, in sede divorzile, disponeva un assegno di mantenimento a favore dell’ex moglie e uno a favore del figlio maggiorenne. Entrambi gli assegni venivano ridotti in sede di appello, su impugnazione dell’ex marito.
Con specifico riferimento al mantenimento del figlio adulto, i Giudici di appello accertavano che lo stesso “nato nel 1989, ha avuto un percorso di studi non costante, essendosi dapprima iscritto ad una facoltà universitaria, ma senza sostenere esami, ed avendo poi iniziato, con maggiore impegno, una facoltà differente, nella quale ha sostenuto venti esami, mancando un solo esame e la tesi al fine del conseguimento del diploma universitario; tenuto conto inoltre del fatto che lo stesso ha dovuto affrontare la patologia psichiatrica materna” e concludevano che non vi era atteggiamento di inerzia, o rifiuto, ingiustificati del figlio rispetto al reperimento di un lavoro.
Il ricorso in Cassazione
La vicenda approda in Cassazione che affronta la spinosa problematica inerente gli oneri probatori in tema di assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non indipendente.
Secondo la tesi dell’ex marito ricorrente, vi sarebbe violazione di legge avendo la Corte affermato che grava sull’obbligato l’onere di provare il venire meno dei presupposti per la sussistenza dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne. Inoltre sostiene essere errato il suo obbligo al mantenimento del figlio poiché avendo conseguito a suo tempo, nel 2008, il diploma nella scuola superiore di odontotecnico, senza ricercare un lavoro coerente con tale titolo di studio, decideva dapprima di iscriversi alla facoltà di Scienze del Turismo, non sostenendo però per tre anni nessun esame, e poi a quella di Filosofia, Lettere e Scienze umanistiche, dove per due anni ha sostenuto un solo esame e, a quasi dieci anni dall’iscrizione, non ha ancora conseguito la laurea triennale.
Le censure dell’uomo colgono nel segno.
La Suprema Corte rammenta che “In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il “figlio adulto”, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa”.
Il principio di autoresponsabilità
Ragionando sulla scia del principio di autoresponsabilità, il genitore rimane obbligato nei confronti del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica per il tempo mediamente necessario al reperimento di un’occupazione da parte di questi, tenuto conto del dovere del figlio di ricercare un lavoro contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro.
In buona sostanza non è giustificabile che il “figlio adulto” attenda ad ogni costo di reperire una occupazione lavorativa equivalente a quella desiderata.
Avv. Emanuela Foligno