Dopo la sospensione dei medici del 118 di Bologna, sulla questione dell’affidamento agli infermieri di atti medici si è accesa una forte polemica. «Responsabile Civile» ha raccolto la testimonianza del nascente comitato dei medici del 118 che denuncia le condizioni di precariato e scarsa tutela in cui la categoria è costretta a operare e ricorda che, sul campo, nell’emergenza sanitaria territoriale, non c’è nessuna guerra tra medici e infermieri.

In quanto medici del 118 abbiamo sentito l’esigenza, visto che siamo i diretti interessati alla questione e visto che ormai tutti hanno espresso la propria opinione, di esprimere il nostro punto di vista.

In tutta questa vicenda che vede medici ed infermieri farsi la guerra, nessuno ha ancora detto che in realtà, sul campo, ovvero nell’emergenza sanitaria territoriale, questa guerra non c’è affatto, infatti medici ed infermieri del 118 lavorano quotidianamente insieme con il massimo rispetto dei propri ruoli e che in realtà pochi infermieri agognano responsabilità superiori a parità di salario. In realtà la guerra è ai vertici; tra sindacati ed organismi politicizzati travestiti da società scientifiche.

Noi medici del 118 siamo molto dispiaciuti per quanto è successo ai colleghi ai vertici del 118 Bolognese, perché in realtà questi sono stati vittime del solito stare in bilico tra quanto richiedono le Aziende e la propria deontologia professionale. Troppo spesso infatti, negli ultimi tempi, i medici devono combattere una guerra cercando di stare in equilibrio tra esigenze di risparmio economico, erogazione di servizi ai cittadini e responsabilità professionale.

Ora improvvisamente la Ministra Lorenzin si preoccupa della sospensione dei dirigenti 118 di Bologna, ma non si preoccupa del destino di centinaia di medici del 118 che da anni lavorano nel precariato ed in condizioni contrattuali a dir poco da terzo mondo.

Si capisce bene come accontentare la categoria degli infermieri possa aprire la strada ad un consenso politico che offre un pacchetto di voti molto più numeroso rispetto a quanto possa accadere per i medici, però al centro dell’attenzione dovrebbe esserci soltanto il nostro paziente, che ormai la politica ha etichettato come UTENTE; se questo è il progresso, allora preferiamo trovare altri modi per progredire.

Il sottosegretario di Stato alla Salute Vito De Filippo afferma simpaticamente che “i medici, come del resto anche gli infermieri, che attuano le direttive corrette del SSN in un settore come quello dell’emergenza,  abbiano bisogno del massimo rispetto e della massima tranquillità nell’operare”; ebbene, ci dovrebbe spiegare il sottosegretario come è possibile che medici del 118 che operano in condizioni di precariato e di incertezza per il futuro rischiando denunce e lesioni fisiche, nonché la propria salute, come possano essere spinti ad intraprendere questa carriera e come possano operare in tranquillità.

Chissà se il sottosegretario, in uno dei momenti più bui della propria esistenza vorrebbe essere soccorso da un medico stressato ed insoddisfatto.

Fino ad oggi l’implementazione degli infermieri del 118 sul territorio come figura professionale indipendente dalla presenza del medico è sempre stata portata come una necessità dovuta alla carenza di medici, ma in realtà la carenza dei medici non è dovuta al fatto che non ci siano, ma al fatto che quella dell’emergenza 118 è una carriera senza sbocco e a troppo rischio a fronte di scarso riscontro di soddisfazione professionale.

Pochi probabilmente sanno che la maggior parte dei medici del 118 sono precari e quelli che hanno un contratto di convenzione a tempo indeterminato in realtà, solo per citare alcune criticità, hanno scarsa o nessuna tutela della malattia, nessun trattamento di fine rapporto, dubbia copertura assicurativa da parte delle Aziende Sanitarie, godono di soli 21 giorni di riposo annuale e lavorano mediamente dalle 165 a molto oltre le 200 ore mensili senza neanche godere della tutela della nuova legge sui turni massacranti proprio perché contrattualmente non risultano come medici dipendenti.

Tornando però alla questione del contrasto dei medici con gli infermieri, in realtà l’importanza del medico del 118 sta, non tanto nelle situazioni di arresto cardio-circolatorio (che sono una minoranza), nelle quali anche un soccorritore saprebbe comunque iniziare le manovre rianimatorie, ma nelle situazioni ordinarie nelle quali il paziente manifesta disturbi di modesta entità e nelle quali è richiesta una fine capacità diagnostica clinica basata su una formazione che solo il medico può avere nel proprio percorso di studi. Questo tipo di approccio consente di discernere se, come e quando il paziente deve essere condotto in ospedale, ma anche in quale tipo di struttura sanitaria.

Tutto questo, con i protocolli, non è possibile farlo; non è possibile fare protocolli che tengano conto di tutto lo scibile della medicina, perché sappiamo bene quanto sia complesso il corpo umano e di quante variabili si presentino in ogni caso clinico che si affronta. Solo con la formazione del medico tutto questo è possibile affrontare.

Altro problema è il sovraffollamento dei PS, infatti l’infermiere del 118, agendo per protocolli, non potendo porre diagnosi di alcuna patologia, non può avere l’autonomia di decidere se lasciare un paziente al proprio domicilio qualora non presenti patologie che possono essere gestite al proprio domicilio, né è pensabile che un medico possa valutare telefonicamente un paziente a distanza.

Sostituire i medici nelle ambulanze con gli infermieri con la scusa che i medici non ci sono, è un errore concettuale perché se gli infermieri portano tutti i pazienti in pronto soccorso senza scremare ricoveri, necessariamente dovranno essere implementati i medici in pronto soccorso, altrimenti saranno sempre i pazienti a farne le spese ed il problema sarà sempre il medesimo.

Crediamo che sia di fondamentale importanza, per alcuni pazienti, essere assistiti al proprio domicilio, senza dover ricorrere al ricovero; portiamo ad esempio i pazienti oncologici o affetti da patologie croniche e che necessitano semplicemente di aggiustamenti terapeutici o di una diagnostica che può essere tranquillamente effettuata senza urgenza, evitando di intasare i PS.

In realtà bisogna dire con forza che non può e non deve esistere una lotta medico contro infermiere, ma dovrebbe esistere una collaborazione medico-infermiere per fornire insieme ciò di cui il paziente necessita, perché è solo dall’unione di queste due figure professionali che può nascere un vero beneficio al paziente.

In realtà i medici non hanno mai tentato di soppiantare la figura dell’infermiere e non hanno mai voluto e potuto incidere sulle possibilità lavorative di questa, mentre qui, con la ricerca a tutti i costi di una autonomia professionale che in campo diagnostico e terapeutico non potrà mai essere totale, si rischia di danneggiare pesantemente una categoria, quella dei medici del 118, che non hanno mai detto di non voler lavorare a fianco dell’infermiere, anzi tutt’altro, mentre l’infermiere vuole sostenere a tutti i costi di voler lavorare da solo.

Comunque la vicenda Ordinistica medica in questione è una vicenda tutta interna che era giusto che prima o poi fosse affrontata, perché ormai da tempo gli ordini avevano avvertito i dirigenti del 118 su quanto fosse una criticità quella di delegare atti medici a distanza o con protocolli a chi medico non è, quindi c’era da aspettarselo che qualche organismo avrebbe preso provvedimenti.

Vorrei invitare tutti ad una riflessione; vorrei vedere le reazioni dell’IPASVI nel caso di sostituzione degli infermieri in ambulanza 118 con gli operatori sanitari addestrati ad hoc e vorrei vedere l’ordine degli ingegneri se avvallerebbe il fatto che un geometra progetti e realizzi la costruzione di un ponte.

Il fatto che ogni professione comporti l’iscrizione ad un ordine professionale non è una cosa “vecchia”, ma è una garanzia che determinate funzioni devono essere svolte da chi è deputato a svolgerle per formazione culturale e professione.

Perché un atto notarile viene firmato solo dal notaio? Del resto è un avvocato, per formazione professionale, ma un avvocato non può firmare atti notarili!

Diciamoci pure onestamente che in realtà la battaglia tra medici ed infermieri fa comodo solo alla politica, perché mentre questi professionisti, tutti di alto profilo professionale nel proprio ambito, si scontrano, la politica si fa bella risparmiando soldi dove non si dovrebbe, ma questo sulla pelle dei pazienti-utenti.

L. Donati Medico Siena 118

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2 Commenti

  1. Non comprendo come mai si parli di lotta tra medici ed infermieri. Gli attori sono i medici del 118 di Bologna da una parte e il loro ordine dall’altra. Semmai la battaglia è tra medici e medici. Riguardo al paragone tra notai e avvocati o tra geometri ed ingegneri non vedo il nesso. Qualcuno ha mai misurato gli esiti dei protocolli? Sarei curioso di sapere se la loro introduzione ha inciso sugli outcome dei pazienti e in che modo. Solo allora potremo ragionare sull’opportunità o meno di mantenerli, e pensare alle leggi di conseguenza. Impugnare una legge per fermare un processo che verosimilmente ha migliorato il trattamento del paziente è pericoloso. La legge deve normare in conseguenza di ciò che riteniamo giusto o desiderabile, essere cioè al servizio dell’agire umano. È aberranza il contrario, cioè fermare un processo positivo per il paziente (o che almeno presumo tale in mancanza di dati diversi) in virtù di una legge che non riesce a stare al passo con la realtà. È la legge al servizio dell’uomo o l’uomo al servizio della legge?

  2. Qui credo sia bene sottolineare un concetto che dovrebbe essere chiaro e senza possibilità di fraintendimento. Per fare diagnosi ed elaborare terapie ( prestazioni che investono anche il campo dell’emergenza/urgenza medica e sottolineo MEDICA e non INFERMIERISTICA) la legge chiede una laurea in medicina e chirurgia della durata legale di 6 anni. Si vuole cambiare la legge? Lo si faccia alla luce del sole e dopo un ampia discussione tra esperti nelle varie commissioni. Il commento sopra parla di outcome. Ok. Consiglio a chi ha scritto il commento sopra di informarsi sulla letteratura circa gli outcome relativi all’approccio ”tecnico” e per protocolli della gestione delle E/U dei sistemi anglo-americani (scoprirà delle belle cose). E’ vero che in questo ambito in molte occasioni è sufficiente l’applicazione di comportamenti e di atti precostituiti e standardizzati, ma non si capisce perché dovrebbero essere poi gli infermieri a gestire ( come si sta ormai delineando) tutta l’emergenza extraH. Perché allora non costituire la figura del paramedico (che non è certo un infermiere) anche in Italia ( io personalmente aborro l’approccio tecnico anglo-americano), con un vero e proprio risparmio sui costi del personale (vero target dell’azione politica sanitaria)? Sarà forse una questione di bacino di voti? Io credo proprio di si.

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