La Cassazione ha respinto il ricorso di un uomo condannato dai giudici del merito ai sensi dell’art. 570 del codice penale per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie separata

Era stato condannato sia in primo grado che in appello ai sensi dell’art. 570 comma 2 del codice penale per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie separata. Nonostante le doglianze dell’imputato, la decisione è stata confermata anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 30184/2019.

In base a quanto appurato dai giudici del merito l’uomo,  a fronte di un importo dell’assegno di mantenimento pari a 500 euro mensili, aveva versato alla ex coniuge, nel corso di cinque anni e mezzo, poco più di un terzo del dovuto.

La donna aveva dovuto chiudere per mancanza di fondi la propria attività (agenzia immobiliare) e si era venuta a trovare progressivamente, secondo le deposizioni rese in giudizio, in una situazione di “assoluta precarietà”, “totale degrado e abbandono”, stato di crisi totale sotto il profilo economico”, “riduzione alla fame”.

Il prevenuto, peraltro, come evidenziato dai Giudici Ermellini, non aveva mai sollecitato la modifica della misura dell’assegno di mantenimento posto a suo carico.

Anzi, il Tribunale aveva confermato l’entità dello stesso, in ragione degli accertati “plurimi interessi professionali ed imprenditoriali”.

Al proposito erano da considerarsi irrilevanti le dichiarazioni dei redditi prodotte dall’uomo, in quanto ritenuto implausibile che egli potesse sostenere spese elevate per i dipendenti del proprio studio professionale senza praticamente incassare alcunché. Infatti, anche dopo la separazione, l’uomo aveva continuato a svolgere la propria attività di geometra, ricevendo incarichi remunerativi, come pure quella di imprenditore edile, collaborando inoltre con l’agenzia di intermediazione immobiliare della nuova compagna.

Per la Cassazione, dunque, tale situazione avrebbe dimostrato l’inesistenza di una situazione di incapacità di adempiere, che, in base a una consolidata giurisprudenza, per avere portata scriminante, deve essere assoluta e adeguatamente provata.

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