Secondo il ricorrente, condannato per il reato di minaccia, le espressioni pronunciate nei confronti della parte offesa rientravano nel contesto di un mero diverbio per ragioni di parcheggio
Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 612 del codice penale (reato di pericolo) è necessario che la minaccia – da valutarsi con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto – sia idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, ancorché il turbamento psichico non si verifichi in concreto. E’ il principio ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7009/2020.
I Giudici Ermellini si sono pronunciati sul ricorso presentato da un uomo condannato dalla Corte di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, a una multa di 600 euro, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
L’imputato, nel presentare ricorso, deduceva erronea applicazione della legge penale. A suo avviso, infatti, le espressioni “te la faccio pagare ” e “so chi cercare se succede qualcosa al mio veicolo “, pronunciate nei confronti della parte offesa, non avrebbero integrato gli estremi della minaccia, soprattutto se calate nel contesto di un mero diverbio per ragioni di parcheggio in cui furono profferite.
Per la Cassazione il ricorso è fondato.
Le frasi pronunciate dall’imputato – secondo i Giudici del Palazzaccio – non integravano il reato di minaccia. La insussistenza dello stesso emergeva chiaramente alla stregua degli elementi di fatto già accertati dai giudici di merito. In particolare, l’uomo si era limitato a profferire le frasi in questione in occasione dell’intervenuto parcheggio della propria “Vespa” sotto la finestra della persona offesa, che lo aveva invitato a non lasciarla in quel luogo perché per le previste pulizie da eseguirsi si sarebbe potuta sporcare.
Lo stesso tenore delle frasi calate in quel contesto risultava non idoneo a integrare il fatto. Invero – chiariscono dal Palazzaccio – sebbene non sia necessario, ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente nel destinatario, costituendo elemento essenziale l’attitudine della condotta ad intimorire, è evidente che laddove le espressioni usate – come nel caso in esame – anche per loro genericità non contengano neppure delle minacce larvate – al più un avvertimento circa le conseguenze che sarebbero potute derivare laddove il ciclomotore si fosse danneggiato – il reato non può ritenersi integrato.
La redazione giuridica
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