La pluralità di condotte persecutorie tese a molestare l’inquilino con l’obiettivo di fargli lasciare l’immobile può configurare un atto illecito

Mettere continuamente sotto stress l’inquilino tramite azioni giudiziarie con l’obiettivo di indurlo a liberare l’immobile può configurare ‘mobbing immobiliare’. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 5044/2017 che ha parzialmente accolto le argomentazioni del ricorrente riformando le conclusioni del sostituto procuratore generale.
Nello specifico, il conduttore di un immobile aveva impugnato la sentenza con cui era stata dichiarata inammissibile l’opposizione tardiva proposta contro l’ordinanza emessa nei suoi confronti di convalida di licenza per finita locazione.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso relativo a tale opposizione, accogliendo invece la domanda di danno da ‘mobbing immobiliare’ avanzata contro il locatore. Il ricorrente, nello specifico aveva denunciato le continue pressioni, anche illegali, cui era stato sottoposto dai proprietari, i quali miravano a cacciare gli inquilini in modo da poter sfruttare meglio l’immobile.
Tali azioni erano state accompagnate da una serie di azioni giudiziarie nei suoi confronti, “tutte infondate e temerarie”, e costituenti “indebita e scorretta forma di pressione” da cui era derivato un pesante stato di stress. Condotte finalizzate, secondo l’inquilino, al solo scopo di convincerlo a rilasciare l’immobile mettendolo “praticamente sempre sotto perenne minaccia di sfratto per motivi ignoti”.
Secondo gli Ermellini, in relazione a tali accuse, la corte territoriale non aveva esaminato l’esistenza o meno della sequenza persecutoria denunciata, “come se – non potesse – essere configurabile un illecito composto da una pluralità di condotte poste in essere in un anche ampio lasso temporale”.
A detta dei giudici del Palazzaccio, invece, tale assunto non è condivisibile e “il fatto che sussista una tutela specifica per la lite temeraria non ha alcuna pertinenza con l’ipotesi in cui vi sia una condotta persecutoria che si sia concretizzata proprio nella continuativa pluralità di iniziative giudiziarie tese a molestare l’inquilino”. Il giudice di merito, inoltre, non fornito alcuna motivazione in relazione alla qualificazione della domanda del conduttore come inammissibile.
La causa è stata quindi sottoposta al giudice del rinvio, cui spetta la decisione in merito alla sussistenza degli elementi atti a configurare il mobbing da parte del locatore e quindi, circa l’eventuale risarcimento in favore del conduttore.

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