La donna, 69 anni, era morta dopo l’impianto di un pacemaker per un’infezione da Staphylococcus aureus tardivamente diagnosticata
La Corte di appello di Firenze ha disposto un risarcimento di 300 mila euro in favore di ciascuna delle figlie di una 69enne morta dopo l’impianto di un pacemaker per un’infezione da Staphylococcus aureus nel 2006.
Come riporta Luccaindiretta, la donna si era sottoposta a un intervento chirurgico per far fronte a una disfunzione cardiaca costituita da “blocchi atrio-ventricolari di secondo grado”, una patologia che, come evidenziato dai familiari, comporterebbe solamente “sintomi di cardiopalmo e vertigini”.
Secondo quanto riscontrato dai periti, a fine maggio la donna aveva manifestato al personale dell’ospedale segni e sintomi clinici indicativi di un processo infettivo in corso, nella tasca dove era stato posizionato il pacemaker; la mancata formulazione di una diagnosi in tal senso, con l’individuazione immediata delle terapie necessarie, avrebbe provocato il decesso della paziente.
I sanitari avrebbero quindi agito con colpa grave, essendo ampiamente nota, nell’esperienza medica, la possibilità di insorgenza di tale processo infettivo in seguito all’impianto di un pacemaker.
In primo grado, il Tribunale di Lucca aveva riconosciuto alle attrici una cifra pari a circa 30 mila euro. Le eredi, tuttavia, hanno contestato il percorso logico-argomentativo condotto Giudice di prime cure, che aveva “qualificato come perdita di chance il danno/evento”, liquidando “in modo iniquo il danno subito”.
La Corte territoriale, aderendo alle argomentazioni delle ricorrenti, ha invece ritenuto di rivedere l’entità del risarcimento condannando l’Azienda sanitaria a pagare alle due figlie l’importo di euro 300mila euro ciascuna, “maggiorato degli interessi legali maturati a decorrere dall’evento, da calcolarsi sulla somma devalutata al 10 giugno 2006 e rivalutata di anno in anno sino ad oggi”.
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