Spetta alla pubblica amministrazione provare la preventiva segnalazione dell’autovelox ove non altrimenti risultante dal verbale di accertamento dell’infrazione

La vicenda

All’esito del giudizio di primo grado, l’adito Giudice di pace annullava il verbale di contestazione relativo all’accertamento dell’infrazione di cui all’articolo 142 ottavo comma del D.Lgs. n. 285 del 1992, avvenuto attraverso il rilevamento elettronico dei limiti di velocità, sul presupposto che nel corso del giudizio fosse stata acquisita al processo la prova non soltanto che la preventiva segnalazione dell’autovelox posto per il controllo elettronico della velocità non fosse adeguata, ma che anche la presenza degli agenti accertatori non fosse visibile a distanza, stante la collocazione della postazione dopo una semicurva ed in un’area non accessibile.

Il quadro normativo di riferimento deve essere individuato nell’articolo 4 del D.L. n. 121 del 2002, convertito con modificazioni nella L. n. 168 del 2002, che stabilisce che sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, articolo 2 secondo comma lettere A) e B), gli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12 primo comma del medesimo Decreto legislativo, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’Interno, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui all’articolo 142 e 148 dello stesso D.Lgs. n. 285 del 1992.

Il processo di secondo grado

In proposito, il Tribunale di Potenza (sentenza n. 354/2019) ha ritenuto di dover condividere l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui “l’obbligo di informazione previsto dalla suddetta disposizione di legge ha la funzione di portare a conoscenza degli automobilisti la presenza dei dispositivi di controllo per orientarne la condotta di guida e avvertirli del possibile accertamento di violazioni con metodi elettronici, con la conseguenza che la violazione del suddetto obbligo determina la nullità della sanzione eventualmente irrogata” (Corte di cassazione n. 12833 del 2007 e  n. 7419 del 2009).

La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che l’opposizione a ordinanza irrogativa di una sanzione amministrativa introduce un ordinario giudizio di cognizione sul fondamento della pretesa dell’autorità amministrativa, cui spetta l’onere di dimostrarne gli elementi costitutivi.

La distribuzione dell’onere della prova

Peraltro, di recente in tema di distribuzione dell’onere della prova nei giudizi aventi ad oggetto opposizione a sanzione amministrativa irrogata per violazione del limite di velocità rilevata a mezzo di autovelox è intervenuta la Corte di cassazione che ha ribadito che, posto che la legittimità delle sanzioni amministrative irrogate per eccesso di velocità, accertato mediante autovelox, è subordinata alla circostanza che la presenza della postazione fissa di rilevazione della velocità sia stata preventivamente segnalata, grava sull’amministrazione l’onere di provare la preventiva segnalazione dei controlli ove non altrimenti risultante dal verbale di accertamento dell’infrazione (Corte di cassazione n. 680 del 2011).

Posto dunque che il rispetto dell’obbligo di informazione della presenza dei controlli previsto dall’articolo 4 del D.L. n. 121 del 2002, convertito con modificazioni nella L. n. 168 del 2002, costituisce un fatto costitutivo della pretesa azionata dalla pubblica amministrazione, in quanto presupposto per la legittimità dell’irrogazione della sanzione, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa è onere dell’Autorità amministrativa resistente fornire la prova che l’accertamento dell’infrazione contestata all’automobilista sia stato eseguito previa segnalazione della presenza dei controlli.

La prova della preventiva segnalazione dell’autovelox

Nel caso in esame, a fronte della contestazione, ad opera dell’automobilista, dell’idoneità della segnalazione dei controlli, il Ministero dell’Interno aveva assolto all’onere della prova su di esso gravante, producendo nel corso del giudizio di primo grado una relazione di servizio a firma degli agenti verbalizzanti, in cui si dava atto che sul tratto di strada in cui era stata rilevata l’infrazione contestata alla ricorrente fosse stata apposta segnaletica adeguata a rendere edotti gli utenti della strada della presenza dei dispositivi di controllo.

Quanto alla efficacia probatoria della suddetta relazione di servizio, la giurisprudenza ha più volte affermato che “i rapporti ed i verbali redatti dalla polizia giudiziaria fanno fede fino a querela di falso per quanto riguarda i fatti che il pubblico ufficiale afferma di avere personalmente compiuto o constatato ai sensi dell’articolo 2700 c.c.”

In particolare si è detto che:  

• il verbale fa piena prova fino a querela di falso relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese;

• quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni;

• in mancanza dell’indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con altri elementi, ai fini della decisione dell’opposizione proposta dal trasgressore e può essere disatteso soltanto in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quelle dichiarazioni siano comunque state ricevute dall’ufficiole giudiziario).

Pertanto, avendo il Ministero dell’Interno fornito la prova dei fatti costitutivi dell’illecito che erano stati contestati dal trasgressore, il Giudice di pace avrebbe dovuto ritenere legittima la sanzione amministrativa irrogata.

 La redazione giuridica

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