La morte è ineluttabile. Morendo, si ritiene che tutto quanto ci riguarda in vita, compresi addebiti e accrediti, debba estinguersi con noi e che prendano il nostro posto gli eredi. Non è sempre così, intanto si attende una sentenza in merito.

Nel settembre 2007 è deceduto A.R., correntista da anni di una banca del Centro Italia. Sebbene sia morto a tutti gli effetti e la chiusura dei conti sia stata richiesta dagli aventi diritto pochi mesi dopo, già nel 2008, per l’Istituto di credito evidentemente la morte di A.R. non era mai avvenuta. La banca continuava a tenere aperto un conto all’insaputa degli eredi e a far versare su di esso le cedole di un’assicurazione. Nei rapporti con gli eredi, tutto taceva fino al marzo 2011: quasi per quattro anni. Non veniva spedito alcun estratto conto o lista dei movimenti agli eredi, che erano convinti di aver estinto tutti i conti, come era loro diritto. Colpo di scena. Era allora che, per telefono, un funzionario della Banca informava uno dei tre eredi di un fatto: era necessaria e urgente la sua presenza in banca, per quanto concerneva il defunto. Veniva richiesta, per ovvie ragioni, dagli eredi una comunicazione scritta. A nome del defunto c’era ancora un conto corrente, con un saldo pari a più di duemilaottocento euro. C’è di più: sul conto veniva accreditata annualmente da un’assicurazione una somma pari a più di 710 euro: quest’ultima era stata stipulata presso lo stesso istituto di credito. Neppure l’accredito annuo delle cedole della polizza assicurativa era stato comunicato, come la lista dei movimenti, agli eredi.

Tramite la Banca, intermediaria in ogni operazione del defunto e degli eredi, gli stessi chiedevano il riscatto della polizza. L’assicurazione negava, parlando di prescrizione breve, pari a un anno. Secondo la difesa degli eredi, tale prescrizione sarebbe stata inoperante in relazione al principio di buona fede e di correttezza nell’esecuzione del contratto. Difficoltà che risolveranno gli avvocati. C’è un fatto: se il diritto di liquidazione della polizza era prescritto, perché era stata incassata una cedola nel maggio 2011? Per l’assicurazione, in tale data il contratto era efficace. La banca dichiarava di non essere tenuta a comunicare la morte del correntista all’assicurazione, benché la polizza fosse stata stipulata dal deceduto in banca e ogni rapporto fosse stato gestito dalla banca. Se conosciuta, la morte dell’uomo titolare del conto avrebbe dato luogo alla immediata estinzione della polizza e la conseguente liquidazione della stessa.

Né la banca, né la società assicuratrice, alla data del decesso avevano dato comunicazione alcuna, o avevano informato in qualche modo gli eredi. Forse la banca avrebbe dovuto, almeno, rifiutare i flussi di accredito a beneficio del deceduto. La Corte di Cassazione, con sentenza del 31 marzo 2010, afferma che “Nonostante la banca non abbia alcun dovere generale di monitorare la regolarità delle operazioni ordinate dal cliente, nondimeno, in presenza di circostanze anomale idonee a ledere l’interesse del correntista, la banca, in applicazione dei doveri di esecuzione del mandato secondo buona fede, deve rifiutare l’esecuzione o almeno informare il cliente”. Il 3 giugno 2015 è stata depositata la comparsa conclusionale, ultimo atto prima della sentenza del giudice. Non esiste ancora la sentenza, quindi non è noto che cosa i magistrati decideranno in merito.

Seppure la motivazione potrà avere più angolazioni, il fatto resta. Resta il diritto del correntista, una volta morto, di riposare, con buona pace degli eredi. Parliamo di buona fede, correttezza, trasparenza, a prescindere dal caso di specie. La Banca, dal canto suo, ha affermato di avere informato dei movimenti in questione coloro che ne avevano diritto, ma non ne ha dato la prova. La difesa degli eredi chiede che la Banca e l’Assicurazione risarciscano il danno, nella misura di € 30.100,00. Come si delinea, per il diritto, la posizione degli eredi? Ci sono state comunicazioni e a chi sono state inoltrate? La prescrizione breve è attiva, oppure no? Tutte domande alle quali il giudice dovrà rispondere e che faranno la differenza, determineranno una sentenza favorevole o contraria. Resta il fatto che vorremmo che tutti i conti correnti dei quali siamo titolari in vita non ci sopravvivessero, almeno a nostro nome.

a cura di Isabella Lopardi

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