Potrebbero  essere potenzialmente correlate al Mycobacterium Chimaera le infezioni di origine non identificata nei pazienti che siano stati sottoposti a interventi a cuore aperto

I medici di medicina generale e gli specialisti cardiologi, pneumologi, reumatologi, infettivologi, oculisti, ematologi che hanno in carico pazienti nell’arco della cui storia clinica risultino interventi chirurgici a cuore aperto o di bypass cardiopolmonare, così come di trapianto di cuore o di polmoni, devono prestare particolare attenzione ai casi di endocarditi o di altre infezioni dall’origine non identificate perché queste ultime potrebbero  essere potenzialmente correlate al Mycobacterium Chimaera. Qualora si sospetti una contaminazione dei dispositivi HTU da MC o eventuali infezioni di pazienti, si richiede di informare tempestivamente la Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico.

Queste le raccomandazioni formulate dal Ministero della Salute ai camici bianchi alla luce dei nuovi casi di decessi sospetti causati dal Microbatterio verificatisi nel nord Italia. Dal 2011 ad oggi sono stati rilevati diversi casi di infezioni cardiovascolari invasive da Mycobacterium Chimaera in pazienti sottoposti a intervento chirurgico a cuore aperto. Interessati anche diversi Paesi europei fra cui Francia, Germania, Irlanda, Olanda, Spagna, Regno Unito e Svizzera. In Italia la prima segnalazione di paziente infettato da MC è pervenuta solo a fine giugno 2018.

Si tratta di infezioni ospedaliere in pazienti che possono sviluppare sintomi o segni di infezione mesi o anni dopo la prima esposizione al micobatterio.

E’ purtroppo noto che ogni anno in Italia si verificano 450.000/700.000 casi di infezioni in pazienti ricoverati in ospedale per molteplici cause. La decontaminazione non corretta è una tra le principali cause del fenomeno.
Le unità di riscaldamento/raffreddamento sono dispositivi medici utilizzati durante interventi di cardiochirurgia toracica in cui il riscaldamento/raffreddamento del paziente risulta parte della procedura chirurgica. Tali dispositivi sono composti da serbatoi che forniscono l’acqua a temperatura controllata a scambiatori di calore e a coperte di riscaldamento/raffreddamento, attraverso circuiti dell’acqua chiusi.

Il numero di procedure di circolazione extra-corporea eseguite ogni anno nel mondo è di oltre 1.500.000 di cui 40.000 in Italia. Il numero di eventi avversi, ad oggi notificati, è di 185 nel mondo, dei quali 10 in Italia. I dispositivi HCU non sono stati ritirati in nessun Paese del mondo. Il ritiro dei macchinari e la sostituzione degli stessi non risolverebbe il problema delle infezioni ospedaliere. Queste sono correlate alla criticità delle corrette procedure di decontaminazione da parte delle strutture sanitarie. La contaminazione, infatti, può verificarsi in qualunque moment. Pertanto, solo la procedura di decontaminazione correttamente eseguita in ambiente ospedaliero può ridurre al minimo il rischio di contaminazione.

Qualora le procedure di disinfezione e di manutenzione dei dispositivi di riscaldamento/raffreddamento non siano eseguite ogni volta scrupolosamente è nota la possibilità che i batteri proliferino all’interno dei serbatoi dell’acqua creando un bio-film. Questo bio-film offre ai batteri, compresi i micobatteri, un ambiente idoneo per la colonizzazione con conseguente possibilità di diffusione sotto forma di aerosol quando il dispositivo è funzionante.
Secondo le disposizioni del Ministero della Salute, i dispositivi di riscaldamento/raffreddamento per i quali sussiste il sospetto o la certezza di contaminazione da MC devono essere rimossi dalla sala operatoria o, se fattibile, dal servizio, non appena possibile.

 

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