La sesta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 44765 del 09.11.2015 affronta due tematiche fondamentali. La prima relativa alla sussistenza dell’elemento soggettivo (dolo) del reato di cui all’art. 570 codice penale e la seconda al riconoscimento degli assegni familiari come somma atta ad integrare il mantenimento periodico stabilito dal Giudice civile. 

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Questioni queste che hanno indotto la Cassazione a rigettare il ricorso giustificando correttamente, e quindi accogliendola interamente, la sentenza di secondo grado di assoluzione con formula perché il fatto non sussiste. Ma vediamo nello specifico lo sviluppo giudiziale del caso in questione che riguarda il padre di una minore nata nel 2002 da genitori non coniugati.

Il sig. A.E.M. corrispondeva spontaneamente la somma mensile di euro 207 quale contributo per il sostentamento della figlia. A seguito di azione civile intrapresa dalla madre della minore, in data 13.05.2008, Tribunale disponeva in euro 350 la somma mensile che il padre avrebbe dovuto corrispondere alla ricorrente nell’interesse della minore. A seguito di tale provvedimento il padre corrispondeva direttamente alla madre oltre alla somma di 207 euro, ulteriori  137,50 euro  mensili in assegni familiari.

In data 04.12.2008 la madre querelava il padre della minore che veniva pertanto imputato del reato di cui all’art. 570 comma 1 e 2 n.2 codice penale per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia omettendo di corrispondere la somma di 350 euro al mese stabilita dal Giudice civile con provvedimento del 13.05.2008.

Il malcapitato veniva condannato dal Tribunale penale in primo grado sulla base della ritenuta inidoneità della somma di 207 euro ad assicurare i mezzi di sussistenza per la minore, in quanto di gran lunga inferiore alla somma di euro 350 come stabilita invece dal giudice civile. Nel giudizio di primo grado non veniva considerata in alcun modo la rimanente somma che il padre versava mediante assegni familiari direttamente alla madre.

La sentenza di condanna veniva impugnata dinanzi alla Corte di appello di Palermo che invece assolveva l’imputato con formula piena perché il fatto non sussiste ritenendo innanzitutto che mancava il dolo nel far mancare i mezzi di sussistenza in quanto spontaneamente il padre sin dalla nascita della figlia minore aveva provveduto al suo mantenimento (elemento questo emerso dalle dichiarazioni rilasciate dalla madre ed ammesse in giudizio) e  che gli assegni familiari andavano ad integrare la somma sempre versata e quindi ad equiparare quella stabilita dal giudice civile.

La parte offesa impugnava la sentenza di appello e ricorreva in Cassazione adducendo che i mezzi di sussistenza andavano parametrati al reddito dell’obbligato e alla quantificazione operata dal giudice civile ritenendo anche che l’importo degli assegni familiari doveva considerarsi del tutto autonomo rispetto all’adempimento dello specifico obbligo dei mezzi di sussistenza e che la loro assegnazione diretta al coniuge affidatario trovava fondamento nell’art. 211 della legge 151 del 1975.

L’imputato depositava memorie per la reiezione del ricorso evidenziando che i genitori non erano coniugati e quindi mancava il presupposto dell’essere coniuge di cui all’art. 211 della legge 151 del 1975 e che gli assegni familiari versati costituivano parte del complessivo adempimento dell’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza. Inoltre riteneva che il giudice civile nel fissare genericamente la somma di euro 350 al mese non faceva alcun riferimento specifico ad ulteriore somma spettante a titolo di assegno familiare per la minore.

La Corte di Cassazione, con la presente sentenza, rigetta il ricorso con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, basando la decisione sulla questione di diritto relativa all’inquadramento dell’assegno familiare come mezzo di adempimento dell’obbligo di assistenza di cui all’art. 570 comma 2 codice penale. A sostegno di tale decisione, la suprema Corte fa riferimento innanzitutto alla definizione da parte dell’INPS degli assegni familiari secondo la quale l’assegno costituisce una prestazione generale ed astratta di sostegno al reddito familiare in ragione della presenza di minori.

E ritiene che tale natura della prestazione costituisce la ragione della particolare disposizione di cui all’art. 211 della legge 151 del 1975 secondo cui il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli sia che egli abbia un rapporto di lavoro sia che lo abbia l’altro coniuge. Seppur  tale disciplina riguardi il solo caso dei genitori già coniugi e non anche quello dei genitori naturali non conviventi, a chiarimento di tale formale disparità la Corte richiama propria giurisprudenza civile nella quale si evince il principio che per i soggetti diversi dai figli minorenni di genitori coniugati e quindi i figli naturali, gli assegni familiari spettano al lavoratore cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenere.

Inoltre il suddetto principio, chiarisce la Corte, trova riscontro anche col contenuto delle circolari INPS n. 36/2008 e n.104/ 2012 secondo le quali “il genitore naturale convivente con la prole e non titolare di propria posizione tutelata possa usufruire dell’assegno per il nucleo familiare in relazione al rapporto di lavoro dell’altro genitore”.  E che “vista l’impossibilità di estendere il disposto previsto per i genitori separati dall’art. 211 della legge 151 del 1975 ai genitori naturali, occorre ritenere che il titolare alla richiesta dei trattamenti di famiglia sia sempre e solo il genitore che lavora o che percepisce indennità sostitutiva di retribuzione”.

Nel caso de quo risulta dalla sentenza di assoluzione di appello che il padre aveva dato disposizione al proprio datore di lavoro di corrispondere direttamente alla madre della figlia minorenne l’importo erogatogli a titolo di assegno familiare per la stessa. Trattandosi quindi di una percezione di somma diretta che viene destinata ad altro soggetto con automatismo di procedura di pagamento periodico per spontanea determinazione del percipiente. In conclusione quindi, nel caso di genitore naturale lavoratore non affidatario la somma degli assegni familiari destinati al figlio minore concorre ad integrare l’importo alla cui periodica corresponsione lo stesso è obbligato.

Avv. Rosalinda Artese

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