La donna si è recata dal suo ginecologo il dottor Lopez, lamentando perdite di sangue; La diagnosi: polipo cervicale e successivo intervento in day hospital presso la clinica Minerva il 27 aprile 2012. 

«Mia madre – racconta il figlio della vittima, Giovanni Carrillo – iniziò a lamentare atroci dolori all’addome fin dalle prime ore successive all’operazione. Ci venne detto che era normale e che era normale anche quel vomito continuo. Solo dopo qualche giorno, su insistenza di mio padre, Lopez con la sua equipe decise di sottoporre mia madre a una Tac dove fu evidente che avevano cucito l’intestino alla parete addominale». Il 3 maggio la donna venne nuovamente operata.

Il giudice monocratico del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Eleonora Pacchiarini ha disposto un sequestro conservativo dei beni nei confronti dei sei medici: Franco Lopez, Antonietta Esposito, Antimo Di Monaco, Andrea Tartaglione, Marco Maria Crescenzo Muto e Michele Scapaticci imputati dell’omicidio colposo di Elena Trepiccione, la 69enne deceduta il 13 giugno di tre anni fa. Accolta dunque la richiesta dei difensori del vedovo e dei due figli della donna, avvocati Angelo Reccia, Alfonso Reccia e Alfonso Furgiuele. Il giudice, ha disposto il sequestro anche in considerazione del fatto che «nell’ipotesi in cui venisse accertata la penale responsabilità degli imputati, l’entità del danno risarcibile sarebbe certamente elevata».

«I medici ci dissero che era andato tutto bene – ricorda Carrillo al giudice – e che avevano risolto il problema. In realtà mia madre continuava a peggiorare. Poi ci dissero che era sorta una complicanza, un problema cardiaco. Non ci fidavamo più di quei medici, insistemmo per portarla via, e fu trasferita in ambulanza alla clinica Pineta Grande.

Lì, dopo una Tac, i medici ci informarono che mia madre versava in condizioni gravissime: l’intestino era perforato in più punti e in peritonite, quindi doveva essere necessariamente rioperata nuovamente quanto prima. Dopo 48 ore dall’intervento, apprendemmo dai medici di turno della rianimazione che mia madre, sempre in coma, aveva una infezione polmonare, infezione dovuta alla setticemia. Situazione che era peggiorata fino al decesso».

Da qui la denuncia della famiglia contro i medici della clinica di Santa Maria Capua Vetere che avevano eseguito le prime due operazioni. L’esito della perizia medico legale evidenziò anomalie nella cartella clinica, in particolare sull’intervento del 3 maggio. «La cosa più incredibile è che scoprimmo che mia madre non era affetta da carcinoma all’utero, bensì da una semplice fibromatosi uterina e avrebbe potuto scegliere di non operarsi».

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